Insegnami il silenzio l'ironia nascosta nelle parole il significato remoto scrivimi il silenzio il tratto sottile posato nel vuoto fammi capire cos'è questa assenza di suoni.
Adesso la stanza ha tutte queste fatiche per me, tutti questi buchi e me ne rendo conto che l'esistere non è semplice essere è stare nel puro atto è il resto delle stoviglie, di là ammassate, che sembrano gli ultimi giorni come un istante di teatro nel pieno.
La grande fatica fatta per ritrovare i pezzi sparsi nella stanza tu non la conosci, che mi pare, a volte, d'essere stato un guastatore fermo nell'attesa, di straforo con le sue beghe da sfollato che se la cava appena.
A volte basta proprio poco: tu che di là cuoci due uova in nove minuti esatti, canticchiando una canzone allegra. Così lo scucito dei nostri corpi riposa, torna fra me e te, rincasa. Anche allora era tutto così semplice: all'inizio della primavera tua nonna prendeva il primo latte munto, con un mestolo di legno lo spargeva sul prato "questo è per voi popolo delle foreste" diceva.
Si crede davvero che sia una semplicità di gesti, unghie, profili di strade sterrate e prati al punto di vedere dove tutto cede sfinisce disarticola e rende il corpo sottile, ma sono anche io nei tram popolosi la sera, e di poeti nemmeno l'ombra.
Ci sono queste persone che corrono una fermata, poi l'altra che non ti basta il fiato un corpo contro un altro corpo con tutte le lingue, tutti gli accenti di un popolo in fuga perché qui l'amore è sotterraneo e di fretta servono altri biglietti, metrò più veloci per uscirne vivi io apro la bocca e la tengo ferma, forte coi denti lì a consumare la lingua e me la mangio tutta senza scuse questa voglia di correre con le mani in tasca, immobili come se aspettare avesse addosso un viaggio che solo lo sguardo pare allontanato.
tutti compatti, vicini, schiacciati 17 in un pub che dà scampo solo ai più sorridenti tra gli occhi di chi si conosce e chi nuovo ha la voce più forte che bisogna portare ciascuno un colore e non pensare al freddo fuori e chiedere d'altri e lasciare fare ad altri ancora non bisogna essere vecchi, sventolare certezze ci si accontenta di stare neanche troppo comodi tra un sorriso e la musica che non interessa che c'abbiamo grandi pianure dentro e laghi e abbracci ma nascondiamo ancora le mani per pudore per proteggere l'interno più tenero.
Essere pronti davanti alle facce davanti al sonno delle mani, chiuse per colpire stare lì, al centro con la nausea di chi ha mischiato troppo, e s'è lasciato fare una vita ritornare dentro con le vene aperte a sabotare il cuore.