Scritta da: annysea

Le donne di Tagore

Le donne di Tagore
hanno caviglie leggere
e un tremito fugace
nelle pupille cerbiatte.

Le donne di Tagore si cingono i fianchi
con fiori di mango e di ibisco
e adornano i loro lobi rosati
con la luce di fuggenti mattini

Camminano lungo i sentieri
con le palpebre socchiuse
celando il loro cristallino
più nero delle nubi in tempesta.

Non lasciano mai il loro mantello
sulle rive di fiumi sconosciuti,
o il loro velo ai bordi della notte misteriosa.

Camminano come sospese,
facendo tintinnare i loro monili,
ma non fanno troppo caso
alla rosa che si schiude sopra il seno.

Sono avvezze alla luce della lampada,
riparano il loro incarnato d'avorio
dal sole dei meriggi.

Ma, alla fine del giorno
non hanno vergogna a mostrare
l'incantato giardino
al loro giardiniere
che gentilmente
l'uscio bramato sospinge
con nocche di dita leggere...
Composta sabato 8 marzo 2008
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    Scritta da: annysea

    Mamma, parola d'Amore

    Mamma, il tempo chiede asilo
    allo stupore delle tue pupille
    e l'alfabeto attinge
    alla ricchezza dei tuoi vezzeggiativi.

    Mamma, tu detieni le chiavi
    del sole inesauribile,
    anche quando, nuvole di pianto solcano il tuo viso
    e la casa sprofonda in una nebbia di silenzio.

    Mamma, mi donasti un'infanzia
    di pane fragrante, di acqua di fonte,
    di uve passite al sole del sud.
    Serbo ancora, intatta, l'innocenza
    che in giorni lontani plasmasti con le tue mani
    avvezze a scalare montagne di fatica.

    Mani abili a cucire cieli
    per i nostri aquiloni di fanciulle,
    per i nostri saltelli alla campana,
    nei meriggi assolati, di controra.

    Mamma, riaffiora dal video dei ricordi,
    il profumo di mirto dei tuoi bucati,
    quel candore di percalle e di vigogna
    di cui il mio Dash ultrabianco si vergogna.

    Tu sai di ninne-nanne e di carezze
    di inverni col braciere e di certezze,
    di camiciole di tiepida flanella
    per rendermi l'infanzia ancor più bella.

    Mamma, sei quell'albero frondoso
    che agli affanni della vita dà riposo,
    e nulla chiede, nulla per sé spera,
    solo un sorriso, solo una preghiera.

    Mamma, parola d'amore,
    sia se detta dal labbro di un bimbo,
    sia se detta da un vecchio che muore.

    Quale meravigliosa alchimia il cuore infiamma
    ogni volta che un figlio chiama, mamma.
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      Scritta da: annysea
      I miei pensieri come viticci inanellati
      ti afferrano e ti avviluppano al mio sguardo
      ma tu non indugiare
      allontanati in fretta,
      Non volgerti indietro,
      non porgermi l'appiglio dei tuoi occhi...
      lasciami nel mio equinozio d'autunno
      dove le passioni sono tenute al guinzaglio
      come cani levrieri ansiosi di correre senza freni.
      Ma tu non volgerti.
      Non offrirmi liane di desideri
      alle quali mi aggrapperei
      con uncini di sogni
      per sottrarre al mio tempo
      un ultimo scampolo di felicità.
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        Scritta da: annysea

        Mi nutro di pane, lacrime e rose

        Mi nutro di pane lacrime e rose
        per sfamare digiuni d'amore
        e restare tra i viventi.

        Le lacrime sono il mio pane
        notte e giorno,
        senza di te, amore,
        disconosco significanze di sorrisi.

        Vorrei chiederlo alle nuvole d'agosto,
        ai cespugli di corallo degli abissi...
        alle nuvole guanciali di sospiri...
        alle stelle compagne d'illusioni...

        In questa notte
        così violenta di desiderio
        così azzurra di sogni
        così nera d'illusioni
        vorrei sostare su una panchina di nuvole
        per narrarti le cose
        che non ho mai detto
        nemmeno al mio cuore gitano.

        Vorrei sfogliare la rosa
        che appassisce di lacrime e silenzi,
        vorrei guardarti negli occhi
        e raggiungerti ovunque tu sia,
        cercarti in ogni latitudine
        fino agli estremi confini della ragione.

        Sciolgo i miei brividi
        in catini di vetro
        trasparenti come lacrime,
        taglienti come lame di luna,
        spinosi come rovi senza frutti,
        né fiori, né sospiri, né baci, né deliri.

        Ma tu soccorrimi, amico,
        donami briciole di sogni,
        strofe di poesia infinita,
        lacrime dolci di miele d'acacia,
        bocconi d'assenzio e acqua di rose...

        Toccami l'anima, sfiorami il viso
        senti, che dolci le lacrime di marzo
        sono gioielli di quarzo
        per chi ne vorrà.

        Non negarmi i tuoi sogni
        buia notte!
        Domani avrò fame di stelle
        e mi nutrirò di sospiri.

        Questa notte sfoglierò
        pagine d'ombra
        in attesa di sognare
        albe di rugiada.

        Qui e Ora voglio restare
        abbracciata alla notte
        per farmi addormentare...

        Domani sarò certo un altro giorno!
        Mi toccherà nuovamente vivere...
        Mi toccherà di nuovo indossare
        una collana di spine senza rose...

        ieri... ore 23.
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          Scritta da: annysea

          La Parola negata

          Carissimo,

          ora che non ci sei ti voglio dire amore,
          questa parola così usata, abusata,
          scontata, ripudiata, respinta.
          Io, qualche volta, l'ho sentita salire
          lungo il tunnel del cuore, arrivare
          sull'orlo delle labbra, come sull'orlo
          di un pozzo profondo, e lì sentire
          presto la vanità della parola,
          la sua inutilità, la sua importanza.

          Ed ho taciuto.

          Altre volte, guardando la ruga
          precoce della fronte, lunga e profonda
          come una ferita, avrei voluto passare
          lieve su di essa la mia mano, come
          si fa con l'abito sgualcito e la sua piega.
          Alla punta delle dita
          avrei voluto affidare
          la parola "amore",
          ma il gesto incompiuto
          s'innalza come un muro,
          un aborto di sorriso.

          Ed ho taciuto.

          Quella volta, ricordi; quella rara volta
          che ti vidi brillare negli occhi
          una lacrima cocente come l'oro fuso,
          e battesti, muto, il pugno
          sulla tavola, senza un urlo, un fremito,
          una bestemmia,
          mi corse come un'ala di rondine la parola
          amore, nei cieli solidali del mio animo,
          ma il volo si fermò sulla tua piega amara,
          e ancora non la dissi.

          Ma stanotte, che mi manchi,
          e mi manca la tua persona amata
          il tuo essere uomo, il mio compagno,
          stasera che mi sento naufragare
          e i tuoni del silenzio sono più forti e cupi
          stasera ti chiamo "amore, amore" anzi lo grido,

          amore!
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            Scritta da: annysea

            melagrana d'oro

            A volte mi chiedo se esisti davvero
            o sei ectoplasma pulsante
            oppure cristallo di neve
            che volteggiando s'annulla
            senza riuscire a posarsi.

            Sei tormento che si fa quiete
            e delirio che si muta in estasi.

            Mi percorri
            senza lasciare traccia,
            ma vestigia di candore deponi
            nel palmo della mia mano.

            Se tu fossi vero
            tenderei le braccia a saggiare la tua stretta,
            a percepire l'alito di vita che ti illumina le pupille.
            A me, gli dei concessero un solo sguardo appena
            un sorriso che mi rese prigioniera,
            in quel castello merlato di ricordi
            e mi consegnò al tuo dominio d'amore
            per il resto dei miei giorni...

            Se tu fossi vero capirei
            il sole che si ostina ad abbagliare il tuo ricordo
            fino a farlo coagulare nella mente
            come una melagrana d'oro.

            Che non posso gustare se non con gli occhi.
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              Scritta da: annysea
              Di mare e di terra
              è impastata
              questa mia anima leggera,
              quando emula la levità dei fiocchi,
              il volteggiare di un petalo
              che danza
              staccandosi dal fiore,
              a primavera.

              Del mare ardisco mi somigli l'onda
              quando spumosa si erge
              dall'immensa massa d'acqua,
              corona di bolle leggere
              ad adornare la fronte ed i pensieri.

              Mare mi scorre,
              nelle vetuste vene
              avvezze all'incessante
              sfogliare dei calendari
              che sedimentano rughe sulla fronte,
              e riflessi cinerini sui capelli.

              Terra rossa di fertili vigneti
              mi avviluppa alla Vita,
              come vitigno appassionato
              che di catene vegetali
              mi trattiene ancora
              in questo presepe di case
              che s'imbelletta il volto
              di calcina.

              Di terra e di mare
              i miei occhi sono colmi,
              e non v'è altro per me
              se non il loro abbraccio stretto
              a farmi percepire
              l'afflato con l'Immenso
              tutt'intorno.
              Composta sabato 16 gennaio 2010
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