Poesie preferite da Auri Pi

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Colui che non sa niente, non ama niente.
Colui che non fa niente, non capisce niente.
Colui che non capisce niente è spregevole.
Ma colui che capisce, ama, vede, osserva...
La maggiore conoscenza è congiunta indissolubilmente all'amore...
Chiunque crede che tutti i frutti maturino contemporaneamente come le fragole, non sa nulla dell'uva.
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    MI alzo con le palpebre infuocate

    MI alzo con le palpebre infuocate.
    La fanciullezza smorta nella barba
    cresciuta nel sonno, nella carne smagrita,
    si fissa con la luce fusa nei miei occhi riarsi.
    Finisco così nel buio incendio
    di una giovinezza frastornata dall'eternità;
    così mi brucio, è inutile
    - pensando - essere altrimenti,
    imporre limiti al disordine: mi trascina
    sempre più frusto, con un viso secco
    nella sua infanzia, verso un quieto e folle
    ordine, il peso del mio giorno perso
    in mute ore di gaiezza, in muti
    istanti di terrore...
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Senza di te tornavo, come ebbro...

      Senza di te tornavo, come ebbro,
      non più capace d'esser solo, a sera
      quando le stanche nuvole dileguano
      nel buio incerto.
      Mille volte son stato così solo
      dacché son vivo, e mille uguali sere
      m'hanno oscurato agli occhi l'erba, i monti
      le campagne, le nuvole.
      Solo nel giorno, e poi dentro il silenzio
      della fatale sera. Ed ora, ebbro,
      torno senza di te, e al mio fianco
      c'è solo l'ombra.

      E mi sarai lontano mille volte,
      e poi, per sempre. Io non so frenare
      quest'angoscia che monta dentro al seno;
      essere solo.
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        Scritta da: R. Parisi

        Se tu mi dimenticassi

        Voglio che tu sappia una cosa. Tu sai com'è questa cosa:
        se guardo la luna di Cristallo, il ramo rosso del lento autunno alla mia finestra,
        se tocco vicino al fuoco l'impalpabile cenere o il rugoso corpo della legna
        tutto mi conduce a te, come se ciò che esiste, aromi, luce,
        metalli, fossero piccole navi che vanno verso le tue isole che m'attendono.
        Orbene, se a poco a poco cessi d'amarmi
        cesserò d'amarti a poco a poco.
        Se d'improvviso mi dimentichi, non cercarmi, che già ti avrò dimenticata.
        Se consideri lungo e pazzo il vento di bandiere che passa per la mia vita e
        ti decidi a lasciarmi sulla riva del cuore in cui ho le radici, pensa
        che in quel giorno, in quell'ora
        leverò in alto le braccia e le mie radici usciranno a cercare altra terra.
        Ma se ogni giorno, ogni sera senti che a me sei destinata con dolcezza implacabile
        se ogni giorno sale alle tue labbra un fiore a cercarmi
        ahi, amore mio, ahi mia, in me tutto quel fuoco si ripete,
        in me nulla si spegne né dimentica
        il mio amore si nutre del tuo amore, amata, e finché tu vivrai starà
        tra le tue braccia senza uscire dalle mie.
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          L'Infinito

          Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
          e questa siepe, che da tanta parte
          dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
          Ma sedendo e mirando, interminati
          spazi di là da quella, e sovrumani
          silenzi, e profondissima quiete
          io nel pensier mi fingo; ove per poco
          il cor non si spaura. E come il vento
          odo stormir tra queste piante, io quello
          infinito silenzio a questa voce
          vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
          e le morte stagioni, e la presente
          e viva, e il suon di lei. Così tra questa
          immensità s'annega il pensier mio:
          e il naufragar m'è dolce in questo mare.
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            A Silvia

            Silvia, rimembri ancora
            quel tempo della tua vita mortale,
            quando beltà splendea
            negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
            e tu, lieta e pensosa, il limitare
            di gioventù salivi?

            Sonavan le quiete
            stanze, e le vie dintorno,
            al tuo perpetuo canto,
            allor che all'opre femminili intenta
            sedevi, assai contenta
            di quel vago avvenir che in mente avevi.
            Era il maggio odoroso: e tu solevi
            così menare il giorno.

            Io gli studi leggiadri
            talor lasciando e le sudate carte,
            ove il tempo mio primo
            e di me si spendea la miglior parte,
            d'in su i veroni del paterno ostello
            porgea gli orecchi al suon della tua voce,
            ed alla man veloce
            che percorrea la faticosa tela.
            Mirava il ciel sereno,
            le vie dorate e gli orti,
            e quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
            Lingua mortal non dice
            quel ch'io sentiva in seno.

            Che pensieri soavi,
            che speranze, che cori, o Silvia mia!
            Quale allor ci apparia
            la vita umana e il fato!
            Quando sovviemmi di cotanta speme,
            un affetto mi preme
            acerbo e sconsolato,
            e tornami a doler di mia sventura.
            O natura, o natura,
            perché non rendi poi
            quel che prometti allor? Perché di tanto
            inganni i figli tuoi?

            Tu pria che l'erbe inaridisse il verno,
            da chiuso morbo combattuta e vinta,
            perivi, o tenerella. E non vedevi
            il fior degli anni tuoi;
            non ti molceva il core
            la dolce lode or delle negre chiome,
            or degli sguardi innamorati e schivi;
            né teco le compagne ai dì festivi
            ragionavan d'amore.

            Anche peria tra poco
            la speranza mia dolce: agli anni miei
            anche negaro i fati
            la giovanezza. Ahi come,
            come passata sei,
            cara compagna dell'età mia nova,
            mia lacrimata speme!
            Questo è quel mondo? Questi
            i diletti, l'amor, l'opre, gli eventi
            onde cotanto ragionammo insieme?
            Questa la sorte dell'umane genti?
            All'apparir del vero
            tu, misera, cadesti: e con la mano
            la fredda morte ed una tomba ignuda
            mostravi di lontano.
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              Supplica a mia madre

              È difficile dire con parole di figlio
              ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.
              Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,
              ciò che è stato sempre, prima d'ogni altro amore.
              Per questo devo dirti ciò ch'è orrendo conoscere:
              è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.
              Sei insostituibile. Per questo è dannata
              alla solitudine la vita che mi hai data.
              E non voglio esser solo. Ho un'infinita fame
              d'amore, dell'amore di corpi senza anima.
              Perché l'anima è in te, sei tu, ma tu
              sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:
              ho passato l'infanzia schiavo di questo senso
              alto, irrimediabile, di un impegno immenso.
              Era l'unico modo per sentire la vita,
              l'unica tinta, l'unica forma: ora è finita.
              Sopravviviamo: ed è la confusione
              di una vita rinata fuori dalla ragione.
              Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
              Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile….
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                Scritta da: Silvana Stremiz

                Spesso il male di vivere ho incontrato

                Spesso il male di vivere ho incontrato:
                era il rivo strozzato che gorgoglia,
                era l'incartocciarsi della foglia
                riarsa, era il cavallo stramazzato.
                Bene non seppi; fuori del prodigio
                che schiude la divina Indifferenza:
                era la statua nella sonnolenza
                del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.
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                  Scritta da: Elisa Iacobellis
                  Mi piace quando taci
                  Mi piace quando taci perché sei come assente,
                  e mi ascolti da lungi e la mia voce non ti tocca.
                  Sembra che gli occhi ti sian volati via
                  e che un bacio ti abbia chiuso la bocca.
                  Poiché tutte le cose son piene della mia anima
                  emergi dalle cose, piene dell'anima mia.
                  Farfalla di sogno, rassomigli alla mia anima,
                  e rassomigli alla parola malinconia.
                  Mi piace quando taci e sei come distante.
                  E stai come lamentandoti, farfatta turbante.
                  E mi ascolti da lungi, e la mia voce non ti raggiunge:
                  lascia che io taccia col tuo silenzio.
                  Lascia che ti parli pure col tuo silenzio
                  chiaro come una lampada, semplice come un anello.
                  Sei come la notte, silenziosa e costellata.
                  Il tuo silenzio è di stella, così lontano e semplice.
                  Mi piace quando taci perché sei come assente.
                  Distante e dolorosa, come se fossi morta.
                  Allora una parola, un sorriso bastano.
                  E son felice, felice che non sia così.
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                    Scritta da: Silvana Stremiz

                    Dormi, Liù

                    Dorme la corriera
                    dorme la farfalla
                    dormono le mucche
                    nella stalla

                    il cane nel canile
                    il bimbo nel bimbile
                    il fuco nel fucile
                    e nella notte nera
                    dorme la pula
                    dentro la pantera

                    dormono i rappresentanti
                    nei motel dell'Esso
                    dormono negli Hilton
                    i cantanti di successo
                    dorme il barbone
                    dorme il vagone
                    dorme il contino
                    nel baldacchino
                    dorme a Betlemme
                    Gesù bambino
                    un po' di paglia
                    come cuscino
                    dorme Pilato
                    tutto agitato

                    dorme il bufalo
                    nella savana
                    e dorme il verme
                    nella banana
                    dorme il rondone
                    nel campanile
                    russa la seppia
                    sul'arenile
                    dorme il maiale
                    all'Hotel Nazionale
                    e sull'amaca
                    sta la lumaca
                    addormentata

                    dorme la mamma
                    dorme il figlio
                    dorme la lepre
                    dorme il coniglio
                    e sotto i camion
                    nelle autostazioni
                    dormono stretti
                    i copertoni

                    dormono i monti
                    dormono i mari
                    dorme quel porco
                    di Scandellari
                    che m'ha rubato
                    la mia Liù
                    per cui io solo
                    porcamadonna
                    non dormo più.
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