Poesie preferite da Carmine Carmine

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Scritta da: Andrea Spartà

L'urlo di un angelo

Avete mai desiderato uscire in strada, in balcone, vestiti o in mutande...
e gridare?... gridare forte... fortissimo...
lanciare un urlo di una tale intensità da squarciarti i polmoni...
perché tanto sai già che quel dolore è nulla
in confronto a quello che hai in quel momento...

Avete mai desiderato urlare?... urlare forte...
urlare fino a quando avete ossigeno...
urlare fino a diventare viola... ed infine svenire inermi...
e magari cadere sul freddo suolo in attesa di qualcuno che si accorga di voi
e che venga a darvi una mano... ed a farvi rialzare...
ma il tempo passa... e tu sei ancora lì svenuto...
nessuno si è accorto di te... nessuno...
e non appena te ne rendi conto...
vuoi solo ricominciare ad urlare... fino a svenire nuovamente...
fino a morire magari...
perché sai già che dormire per sempre è nulla
in confronto a quello che provi in quel momento...

Avete mai desiderato urlare?
Urlare talmente forte da squarciare il cielo...
in modo che quelle poche stelle che riesci a vedere ti cadino addosso...

Avete mai desiderato urlare?
Urlare al mondo...
urlare così forte fino a farlo girare più vorticosamente...
nella disperata speranza che cambi... anche di poco...
perché sai già che in un mondo così lento non c'è spazio per te...
ma è nulla in confronto a ciò che ti porti dentro in quel momento...

Avete mai desiderato urlare?
Urlare forte... così forte da far spaventare tutti...
urlare così forte da distruggerti interiormente...
urlare così forte da far emergere un altro te stesso...
più forte... più determinato... che non sappia soffrire come te in quel momento
urlare così forte da farti tremare l'anima...
urlare così forte da annullare persino il mondo intorno a te...

Urlare... urlare... e urlare ancora...
finché alle orecchie di tutti non giunga la tua disperata voce...
finché tutti non capiscano perché stai urlando...
e già sai che non lo capiranno mai...
ma vuoi urlare lo stesso...
vuoi urlare per gettare fuori tutto quello che hai dentro...
e allo stesso tempo tenerlo per te...
urlare per far capire a tutti che stai male... che stai soffrendo...
e magari neanche tu sai bene il perché... ma vuoi solo gridare...
solo gridare...

E allora urli... urli al cielo... urli al mondo... urli alle persone...
urli a lei... urli contro di lei... anche se lei non ti sente...
ma questo non è importante... tu ne hai bisogno...
forse dopo ti sentirai meglio... forse no...
ma tu urli lo stesso... urli con tutto il fiato che hai in corpo...
le urli di andarsene... di sparire...
le urli di tornarsene nel suo maledetto mondo e di lasciare in pace il tuo...
le urli di odiarla...
le urli di odiarla...
le urli di odiarla...
ma chi vuoi prendere in giro?
Il tuo odio è proprio come quell'urlo...
forte e potente... che rimbomba nell'aria...
che arriva lontano... che entra nelle orecchie degli altri...
che ti scuote dall'interno... che ti fa soffrire...
ma proprio come un urlo... dura un attimo... un istante...
un soffio di respiro...
e poi svanisce... nel nulla... all'improvviso... così come è arrivato...
e basta poco... e di lui nessuno si ricorderà più...
perché anche il suo eco tra poco sparirà...
e ti rendi conto che in fin dei conti... vorresti essere un po' come quell'eco
vorresti sparire come lui... sparire con lui... sparire...

E allora che ti resta più da fare?
Urlare... urlare da solo...
urlare contro te stesso... contro di lei... contro di tutti...
urlare perché non hai più nessun altro scopo... non per ora almeno...
urlare perché non sai chi mente e chi è sincero...
urlare perché non sai chi ti ama e per chi sei solo un amico...
urlare perché non sai proprio niente di niente...
o forse semplicemente non vuoi saperlo...
perché in fin dei conti... forse è meglio una bugia che illude...
piuttosto di una verità che ti uccide...

Un ultimo urlo...
ancora una volta contro di lei...
le urli di andarsene... di andarsene via per sempre...
di fare le valigie e di uscire dal tuo cuore...
perché?
Perché ti sei reso conto che forse è meglio quando lei non c'è...
forse è meglio quando non la vedi...
forse è meglio quando è lontana...
perché soffri di meno... è inevitabile...
perché se una cosa non puoi averla... è meglio che ti stia lontano...
in modo che possa dimenticartene... in modo che non ti ossessioni più...
perché ti rendi conto che dopo quell'urlo...
non ti è rimasto nient'altro dentro...
e qualsiasi cosa dovesse camminare nel tuo cuore...
camminerà da sola... completamente sola...

Ed ora è tardi... fuori è già buio...
la luna non c'è... magari starà flirtando col sole...
le stelle non si vedono... staranno giocando con le nuvole...
qualche goccia di pioggia mi fa compagnia
sul vetro contro il quale poggio la testa...
e scende giù veloce verso l'ignoto... proprio come me...
ma c'è una goccia... più grande delle altre...
che scende più lentamente...
la guardo bene... e mi rendo conto che luccica al suo interno...
è una goccia speciale...
poi un rumoroso silenzio invade le mie orecchie...
ed un istante dopo il suo posto è preso da un silenzioso urlo...
un urlo disperato e feroce... ma comunque silenzioso...
un urlo che nessuno può sentire...
perché nasce e muore dentro di te... nasce e muore... dentro di te...
e così guardi di nuovo verso la finestra...
ma la goccia speciale ha ormai raggiunto le altre
e con loro ha concluso il suo cammino...
e anche l'urlo dentro di te è cessato...
ma di loro il ricordo ancora non è finito...
e ti sembra di vedere una figura riflessa nel vetro... dietro di te...
la goccia... una lacrima...
il grido... di un angelo...
io... tu... noi... davvero soli e divisi?
Non ci voglio credere...
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    Scritta da: 0kiika0
    Pace non trovo e non ho da far guerra,
    e temo e spero; ed ardo e son un ghiaccio;
    e volo sopra 'l cielo e giaccio in terra;
    e nulla stringo, e tutto 'l mondo abbraccio.

    Tal m'ha in pregion, che non m'apre né serra,
    né per suo mi riten né scioglie il laccio;
    e non m'ancide Amore e non mi sferra,
    né mi vuol vivo né mi trae d'impaccio.

    Veggio senza occhi e non ho lingua e grido;
    e bramo di perir e cheggio aita;
    ed ho in odio me stesso ed amo altrui.

    Pascomi di dolor, piangendo rido;
    egualmente mi spiace morte e vita;
    iin questo stato son, Donna, per voi.
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Tristezza della Luna.

      Questa sera la luna sogna più languidamente; come una
      bella donna che su tanti cuscini con mano distratta e leggera
      prima d'addormirsi carezza il contorno dei seni,
      e sul dorso lucido di molli valanghe morente, si abbandona
      a lunghi smarrimenti, girando gli occhi sulle visioni
      bianche che salgono nell'azzurro come fiori in boccio.

      Quando, nel suo languore ozioso, ella lascia cadere su questa
      terra una lagrima furtiva, un pio poeta, odiatore del sonno,

      accoglie nel cavo della mano questa pallida lagrima
      dai riflessi iridati come un frammento d'opale, e la nasconde
      nel suo cuore agli sguardi del sole.
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Hai chiuso gli occhi

        Nasce una notte
        piena di finte buche,
        di suoni morti
        come di sugheri
        di reti calate nell'acqua.

        Le tue mani si fanno come un soffio
        d'inviolabili lontananze,
        inafferrabili come le idee.

        E l'equivoco della luna
        e il dondolio, dolcissimi,
        se vuoi posarmele sugli occhi,
        toccano l'anima.

        Sei la donna che passa
        come una foglia.

        E lasci agli alberi un fuoco d'autunno.
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          Sono quella che sono

          Sono quella che sono
          Sono fatta così
          Se ho voglia di ridere
          Rido come una matta
          Amo colui che m'ama
          Non è colpa mia
          Se non e sempre quello
          Per cui faccio follie
          Sono quella che sono
          Sono fatta così
          Che volete ancora
          Che volete da me
          Son fatta per piacere
          Non c'è niente da fare
          Troppo alti i miei tacchi
          Troppo arcuate le reni
          Troppo sodi i miei seni
          Troppo truccati gli occhi
          E poi
          Che ve ne importa a voi
          Sono fatta così
          Chi mi vuole son qui
          Che cosa ve ne importa
          Del mio proprio passato
          Certo qualcuno ho amato
          E qualcuno ha amato me
          Come i giovani che s'amano
          Sanno semplicemente amare
          Amare amare...
          Che vale interrogarmi
          Sono qui per piacervi
          E niente può cambiarmi.
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            Dovrei paragonarti ad un giorno d'estate? (Sonetto 18)

            Dovrei paragonarti ad un giorno d'estate?
            Tu sei ben più raggiante e mite:
            venti furiosi scuotono le tenere gemme di maggio
            e il corso dell'estate ha vita troppo breve:
            talvolta troppo cocente splende l'occhio del cielo
            e spesso il suo volto d'oro si rabbuia
            e ogni bello talvolta da beltà si stacca,
            spoglio dal caso o dal mutevol corso di natura.
            Ma la tua eterna estate non dovrà sfiorire
            nè perdere possesso del bello che tu hai;
            nè morte vantarsi che vaghi nella sua ombra,
            perché al tempo contrasterai la tua eternità:
            finché ci sarà un respiro od occhi per vedere
            questi versi avranno luce e ti daranno vita.
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              Poesia d'amore

              Nessuno sarà a casa
              solo la sera. Il solo
              giorno invernale nel vano trasparente
              delle tende scostate.

              Di palle di neve solo, umide, bianche
              la rapida sfavillante traccia.
              Soltanto tetti e neve e tranne
              i tetti e la neve, nessuno.

              E di nuovo ricamerà la brina,
              e di nuovo mi prenderanno
              la tristezza di un anno trascorso
              e gli affanni di un altro inverno,

              e di nuovo mi tormenteranno
              per una colpa non ancora pagata,
              e la finestra lungo la crociera
              una fame di legno serrerà.

              Ma per la tenda d'un tratto
              scorrerà il brivido di un'irruzione .
              Il silenzio coi passi misurando
              tu entrerai, come il futuro.

              Apparirai presso la porta,
              vestita senza fronzoli, di qualcosa di bianco,
              di qualcosa proprio di quei tessuti
              di cui ricamano i fiocchi.
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