Senza parole queste parole infami parole vuote parole inutili parole flebili parole. Senza parole.
Senza parole quest'oceano zitto di parole, questo vento muto di parole, questo taciturno eco di parole, questo silenzioso pianto di parole. Un corpo stanco e dolore, di assenza di parole.
Senza parole una finestra riflessa e accesa, una luce spenta e gialla, una strada nuda e cruda, una sedia rotta e arsa, una palla bucata e sgonfia, una parola usata e infranta.
Senza parole foglio bianco di parole, biro nera di biancore, occhiali soli di pallore, Viso scarno di - furore di parole.
Dio, dicci dove sei nostro dio, dicci come fai a restare fermo, immobile, inerme, stoico, esterno. Dicci come fai a vedere questo tuo sacro mondo cadere, distruggersi, cospargersi in pezzi ridicoli e sparsi. Quest'africa sfruttata, odiata, maltrattata, amata, adorata, venerata, giocata a dadi o in un'unica estrema puntata. Quest'America che si stende come un velo bianco e congiunge i due poli che reggono il mondo. Ma di poli in realtà nel profondo ne ha miliardi e continua a deteriorarsi nel nome di un baratto d'oro e intarsi. Quest'oriente e la cara mezzaluna solo i telegiornali al chiaro di luna occupa costante senza turbare nessuna mente che vada a pensare nel buio di una stanza al male che canta. Quest'infanzia lasciata e compianta: protezione, amore, luce, candore, dolcezza, arcobaleno, sole, tepore, Spariti rubati svaniti o devastati? Assenza di verbi e piccoli pianti di pace e abbracci fortificanti, tutto ribellato a questi falsi cantanti. La fame nei campi, la sete sui ponti, la stanchezza sui letti e la disillusione. Questa vecchiaia in contemplazione della morte e della pensione: le giunture si spezzano, la dignità spazzano, la passata felicità dimenticano. Questi valori imprescindibili sotto culi deplorevoli. Il nostro sangue svergognato una volta così rosso ambrato. Il nostro tono imbarazzato ferito e derubato, una voce squillante, quella del potere sfavillante, del petrolio culminante, del denaro o l'Aspromonte, del dolore mio regnante, del candore più buio e urlante. Dio, dicci dove sei, dicci come fai dicci se ci sei, dicci se farai. Dacci almeno il tuo stoico immobilismo o tienitelo quest'ultimo, siamo già barricati nel vittimismo, un orrido cannibalismo di futuro e nuovo umanismo.
Amore è temere, amore è osare, amore è il suono che arriva dal mare. Amore è terra, amore è sole, amore è una nuvola in cui si rispecchia un fiore. Amore è saggio, amore è Berlino, amore è un vecchio che si riscopre bambino. Amore è neve, amore è seme, amore è l'immobilizzante abbraccio della neve. Amore è volpe, amore è gregge, amore è un miracolo di scelte. Amore è tempesta, amore è candore, amore è tenere la mano a un pazzo, o un sognatore. Amore è entrata, amore è uscita, amore è il tuo dolce passo nella mia vita. Amore è libero, amore è volo, Amore è felicità emanata da ogni poro.
Diventerò pazza a furia di pensare a questo vuoto di piazza, abbandonata e silenziosa come una vedova ancora sposa. Diventerò pazza continuando con questo gioco di voglie che esclude ogni colpo alle colpe come innamorate ma sole colombe. Diventerò pazza a pensare a quanti tuoni sogni e fiocchi rosa avresti accolto e cullato in una rosa come rondine che si posa. Diventerò pazza restando su una vettura o mano invisibile, rifiutando una realtà di cemento infrangibile come una statua dormiente ma fragile. Diventerò pazza ma permango in questo mare di lacrime, una mancanza di cenere, un dolore di favole.
Dio, dicci dove sei, nostro dio dicci come fai a restare fermo immobile, inerme, stoico, esterno. Dicci come fai a vedere questo tuo sacro mondo cadere, distruggersi, cospargersi in pezzi ridicoli e sparsi. Quest'africa sfruttata, odiata, maltrattata, amata, adorata, venerata, giocata a dadi o in un'unica estrema puntata. Quest'America che si stende come un velo bianco e congiunge i due poli che reggono il mondo. Ma di poli in realtà nel profondo ne ha miliardi e continua a deteriorarsi nel nome di un baratto d'oro e intarsi. Quest'oriente e la cara mezzaluna solo i telegiornali al chiaro di luna occupa costante senza turbare nessuna mente che vada a pensare nel buio di una stanza al male che canta. Quest'infanzia lasciata e compianta protezione, amore, luce, candore, dolcezza, arcobaleno, sole, tepore spariti, rubati, svaniti o devastati? Assenza di verbi e piccoli pianti di pace e abbracci fortificanti tutto ribellato a questi falsi cantanti. La fame nei campi, la sete sui ponti, la stanchezza sui letti e la disillusione... Questa vecchiaia in contemplazione della morte e della pensione. Le giunture si spezzano, la dignità spazzano, la fallace felicità dimenticano. Questi valori imprescindibili sotto culi deplorevoli, il nostro sangue svergognato una volta così rosso ambrato, il nostro tono imbarazzato ferito e derubato, una voce squillante, quella del potere sfavillante del petrolio culminante, del denaro o dell'Aspromonte, del dolore mio regnante, del candore più buio e urlante. Dio, dicci dove sei, dicci come fai, dicci se ci sei, dicci se farai. Dacci almeno il tuo stoico immobilismo o tienitelo quest'ultimo, siamo già barricati nel vittimismo, un orrido cannibalismo di futuro e nuovo umanismo.