Vorrei aprire la finestra ed essere colpita dai colori Un prato irriverente di fiori appiccicati Schierati l'uno accanto all'altro Bocche di leone Ciclamini Fiordalisi Ed un esercito di api.
Mi consumo. Ho freddo. Mi consumo. Ho caldo. Mi consumo, e urlo e grido Ma il vento è forte, la voce si impiglia mi dimeno forse ma gli autobus sbuffano e il passante non se ne accorge. Giustificazione Alibi Paura. Invecchio. Gli uccelli al di sopra volano, rumorosamente. Mentre io mi consumo. Come l'asfalto, come lo smalto su queste unghie sempre più fragili. Sempre più forti.
Nessuno li sente. Io, solamente. Formiche diligenti inarrestabili, uno in fila all'altra. Mi sento soffocare a volte eppure sorrido, e contagio di allegria, di buone cose. Ma sulle mie papille saliva amara ed una pietra. Sobbalza, mentre il cibo la scansa.
Piango madre, per non aver saputo essere migliore. Per la trascuratezza. Per la caparbietà negata a quel rimpianto. Sciocca fanciulla in una pieve silenziosa ove la voce mi cullava. Voce che nel mio petto ancora vibra. Vibra come una nota d'organo che oggi mi commuove. Sono io quella nota, quel tremolio di vita.
Divampa nel cielo la scelleratezza. Tutto è rosso. Brucia le carni il fuoco, avido di grida, avido di corpi. Arrivano i reporter, e l'impudenza. Si spendono parole, e bei discorsi, bla, bla, bla. Si spengono in silenzio i flebili respiri, uno dopo l'altro, 17, 18, 19. Reclama il suo ruolo il destino e con lui un mediocre in calo di ascolti. Non vi è spazio per loro, né gloria. Mentre scorrono lente le bare trionfa senza pari la vergogna.
I tuoi occhi guardano lontano, ed io mi guardo dentro e il sole si offusca oltre il mio universo saturo di oggetti saturo di sogni. Un sogno nei tuoi occhi è l'unico spiraglio, incerto. Opaco è il tuo destino, come il mio, del resto. Come il pianto che sgorga da questa terra, infranta, come il sangue che scorre tra queste pietre. Il sole tenta di seccarle, mi abbaglia la speranza. Non c'è disperazione nella tua forza, nella tua infanzia, che evoca ben altro. Promessa di gioia, che nel tuo sguardo arranca.
Di lei mi nutro Aggrappata ad un respiro Ad uno sguardo, a volte. Non barare dottore, sono malata, non stupida. Poi ci ripenso e mi aggrappo a un tuo sorriso Supplicandoti di mentire. Menti dottore, menti! Bugie! E ancora bugie! Sui miei occhi scavati, sulle mie piaghe. Consola mia madre Non ha più forze, non ha più fede ma senza la sua speranza io ho paura.