Le migliori poesie inserite da Fiorella Cappelli

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Scritta da: Fiorella Cappelli

La Speranza

Questa vita, non va ad oltranza
ancoràti alla speranza
coloriamo anche il sogno
aiutiamo chi ha bisogno

Chi le ali ha spezzate
le giornate frantumate
chi non riesce più sul viso
a stampare un gran sorriso

Chi è legato a tante pene
e sopporta le catene
di dolori disumani
e non vede più domani

Questa vita non va ad oltranza
ancoràti alla speranza
coloriamo anche il sogno
aiutiamo chi ha bisogno

Un conforto di parole
il calore, un po' di sole
un pensiero che non duole
Cuoremente, tanto amore

Puoi guardare al futuro
e abbattere quel muro
scava sotto la tua scorza
è l'union che fa la forza

Questa vita non va ad oltranza
ancoràti alla speranza
coloriamo anche il sogno...
aiutiamo chi ha bisogno.
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    Scritta da: Fiorella Cappelli

    Stupro

    Intriso straccio di paura, di vergogna
    a divulgare rabbia sei alla gogna
    ferita e calpestata l'innocenza
    feroce, inaudita la violenza

    sentimenti di sconfitta e d'impotenza
    squarciati cuore e mente da speranza
    e tutto questo è ancora... tolleranza?

    Si deve aver coraggio ora, di fare
    non basta più soltanto denunciare
    la sicurezza e la giustizia sono diritti
    nulla serve vederli solo scritti.
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      Scritta da: Fiorella Cappelli

      Maschere

      Due maschere.
      Una cela un'anima
      l'altra... è vuota.
      È solo un clone d'emozioni
      È coreografia
      È colore
      Ma non è respiro.
      Ma una sola anima... non attrae
      è la confusione, il caos, lo spettacolo...
      la follia interpretata...
      che cattura gli sguardi...
      In questo nostro secolo si è persa
      la meraviglia
      ecco... perché due maschere...
      due personalità...
      oggi, alimentano la curiosità
      di questo nostro... vivere carnevalesco.
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        Scritta da: Fiorella Cappelli

        Abruzzo Nel Cuore

        Alberi di mele in fiore
        Alte montagne innevate
        Straziato Abruzzo, nel cuore
        rovine e vite scavate...

        trema la terra per ore
        scosse per mesi, giornate
        ora è addosso il dolore
        di tante vite rubate...

        pochi secondi, il terrore
        umane case crollate
        polvere e sangue l'odore
        lacrime solo versate

        vivi, abbracciati a chi muore
        aiuti e mani allungate
        pazienza e tanto valore
        in giorni e insonni nottate

        ora è silenzio il rumore
        pianure verdi affollate
        attese e nuove dimore
        nuove speranze improntate.
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          Scritta da: Fiorella Cappelli

          Er passero ferito

          Era d'agosto e un povero uccelletto
          ferito dalla fionda di un maschietto
          s'anniede a riposà con l'ala offesa
          in su la finestra di una Chiesa.
          Da le finestre del confessionale
          un prete intese e vide l'animale,
          ma dato che da fori
          aspettavan molti peccatori
          richiuse le tende immantinente
          e s'ammise a confessà la gente.
          Ner mentre che la massa di persone
          devotamente diceva l'orazione,
          senza guardà pe niente l'uccelletto
          n'omo lo prese e se lo mise in petto.
          Allora nella chiesa se sentì
          un lungo cinguettio: "Ci! Ci! Ci!"
          Er prete a risentenno l'animale
          lasciò di colpo er confessionale
          e poi nel nero che sembrava pece,
          s'arrampicò sul pulpito e li fece:
          "Fratelli! Chi ha l'uccello per favore,
          vada fori dalla casa del Signore"
          Li maschi, tutti quanti in una volta
          s'arzarono p'annà verso la porta.
          Ma er prete a stò sbajo madornale
          strillo: "Fermi, me sò espresso male!
          Rientrate tutti e stateme a sentì:
          chi ha preso l'uccello deve uscì!"
          A testa bassa con le corone in mano
          le donne s'arzarono pian piano
          ma mentre s'andavano de fora
          er prete urlò: "Ho sbajato ancora!
          Rientrate tutte quante figlie amate
          che io non volevo dì quer che pensate.
          Io vò detto e vè ritorno a dì
          che chi prese l'uccello deve uscì,
          ma io lo dico a voce chiara e tesa
          a chi l'uccello l'abbia preso in Chiesa!"
          Le monache s'arzaron tutte quante
          e poi col viso pieno di rossore
          lasciarono la casa del signore.
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            Scritta da: Fiorella Cappelli

            Pinocchio

            Mastro Geppetto, il falegname di un noto luogo
            decise quella sera di accendere un bel fuoco!
            Mise così i ciocchi nel camino
            e con la sedia si accostò al calor vicino...
            fu così che vide quel tronco chiaro
            un ciocco, a dir poco, quasi raro!
            Diritto, come un valido soldato
            troppo bello per finir bruciato!

            E lui che si sentiva così solo, poverino...
            decise di dar vita... a un burattino!
            Prese la pialla e lo scalpello
            senza saper che stava per crear... un bel monello!
            Lo costruì un po' birichino
            tutto di legno... con un bel nasino!
            Fu così che nacque un burattino
            che assomigliava davvero ad un bambino
            vestito di tutto punto, quasi perfetto
            aveva sulla testa un giallo cappuccetto!

            Ne fece di birbe, quel monello...
            che ogni giorno trasformava in carosello!
            Aveva naso lungo e gambe corte
            e per compagni il gatto... e poi la volpe!
            Invano lo consigliava la fatina
            divenuta per lui la sua mammina
            era un continuo dir bugie...
            ne aveva pinocchio di sogni e fantasie!
            Era per Geppetto una gran pena
            tanto che finì nel ventre di una gran balena!

            Ma poi quel burattino smise di dire bugie
            e si sa, bambini, come sono le magie...
            mantenne le promesse al suo babbetto
            cosicché diventò un bimbo perfetto
            e del legno suo restò...
            soltanto un giallo cappuccetto.
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              Scritta da: Fiorella Cappelli

              Piazza Venezia

              Vedenno er monumento, ch'è imponente
              er Campidojo che legava er core,
              pare che se risveji ne la mente,
              un sogno bello, un parpito d'amore

              Qui s'affacciava er "duce" qui la gente
              veniva a dà l'incenso ar dittatore,
              qui sta seporto un poro Combattente
              Ignoto a tutti meno che ar Signore.

              St'Ignoto, p'evità una nova guera,
              chiede giustizia all'Egoismo ingrato
              e prega Dio che illumini la tera.

              E Palazzo Venezzia a mano dritta
              se guarda intorno muto e sconsolato
              come un gigante doppo la sconfitta.
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