Poesie inserite da Gerlando Cacciatore

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Scritta da: Gerlando Cacciatore

Mistero

Siamo solo noi due.
Io in piedi.
Tu disteso in una bara.
Il tuo silenzio,
è una risposta.
"Finalmente la pace"
Ricordo la tua esclamazione:
La morte è una brutta cosa,
eppure bisogna affrontarla.
Mi stupì il tuo tono.
Pensai ad una malattia incurabile.
Tumore.
Ma tutto ciò
restò un mistero.
Solo tu sapevi di quella morte.
Ancora una volta vai via.
Dove vai?
"Vado ad affrontare
la morte".
Vidi il tuo viso impallidire,
nel pronunciare quelle parole.
Ma chi era la morte?
Da dove veniva?
Da che punto partiva?
Poi il ritorno.
Eri salvo.
Eppure avevi, la morte
dietro le spalle.
Tumore?
Regolamento dei conti?
Chissà!
Solo tu lo sai.
Il segreto è dentro questa bara.
Vincolato con la tua morte.
Composta sabato 5 agosto 1978
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    Scritta da: Gerlando Cacciatore

    L'amore

    Sai.
    Quella ragazza,
    di cui ti parlavo.
    Non l'ho sposata.
    Castelli costruiti in aria.
    Amore costruita in aria.
    La futura vita, costruita in aria.
    Un niente e tutto ciò
    è crollato.
    Al posto del castello.
    Una modesta casa.
    Al posto dell'amore esaltato.
    L'amore.
    Al posto della passione esaltata.
    La passione.
    Al posto della futura vita.
    La vita.
    Tutto ciò trovi,
    in quella creatura,
    che non faceva parte
    dei tuoi sogni.
    Composta domenica 2 luglio 1978
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      Scritta da: Gerlando Cacciatore

      Al mio maestro

      Oh maestro,
      che or giungi a me,
      insegnandomi,
      la sublime via
      della poesia;
      tramite,
      un tuo ammiratore,
      grande amico mio
      ed ispiratore.
      Or oggi, non scrivo
      Poesie.
      Medito tuoi versi.
      Girovago, qua e là.
      Sento entrare in me,
      tua saggezza,
      di grande poeta,
      che,
      or anche nel duemila,
      giungi a noi.
      Oh mio grande
      Maestro Baudelaire.
      Composta lunedì 16 settembre 1974
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        Scritta da: Gerlando Cacciatore

        Derisione

        C'è una rosa
        su per la montagna.
        Si beffa ironicamente
        della gente.
        Non c'è amore, in questo popolo.
        O meglio sì!
        C'è l'amore.
        Un amore industrializzato.
        Non ci sono sentimenti umani.
        O meglio sì!
        Ci sono i sentimenti.
        Dei sentimenti artificiali.
        Lei su per la montagna,
        si beffa ironicamente
        della gente,
        che con il passo avido
        di denaro,
        si reca a sbrigare
        i propri affari.
        Io uomo ti domando:
        Ti sei mai fermato
        a contemplare,
        ciò che Dio ha creato?
        Composta venerdì 3 febbraio 1978
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          Scritta da: Gerlando Cacciatore

          Il viaggio

          Due valigie, una borsa a tracollo.
          Un treno che ti aspetta.
          Dove va?
          Va;
          dove ogni uomo disperato,
          cerca un lavoro, cerca la serenità.
          Ti porta a Firenze.
          Ti ricordi?
          Dal treno ti sembrava,
          piccola e bella.
          Dalla torre la vedi,
          grande e maestosa.
          È tardi.
          Ti senti disperso,
          in quella città grandiosa.
          Cerchi una pensione.
          Ti scaraventi sul letto
          Stanco e affamato.
          La luce del giorno,
          filtra attraverso le fessure.
          Ti istiga ad affrontare,
          quel giorno triste,
          quel giorno imprevedibile.
          Girovaghi qua e la.
          Come un oasi,
          appare ad un uomo,
          bruciato, assetato dal deserto,
          così apparve a me,
          l'Ufficio Collocamento.
          Buon auspicio, direbbe la gente.
          Entro:
          - Cerco lavoro.
          Sa!?
          Sono congegnatore meccanico.
          - Spiacente Signore;
          non vi sono richieste.
          Timidamente esco,
          con la speranza sempre in me.
          Il treno non si è fermato.
          Continua la sua corsa,
          verso Padova.
          Triste Padova;
          non mi hai dato,
          sebbene per un minuto,
          l'illusione che mi ha dato
          Firenze.
          I miei passi,
          scricchiolando sulla tua strada,
          mi istigano,
          a ritornare sui miei passi.
          Son fermo nelle mie idee!
          Son fermo nelle mie speranze!
          Sento che devo affrontare,
          un giorno, più infausto
          del solito.
          Il mio essere si demoralizza.
          La mia anima si fa forza.
          Affronto con la forza della speranza,
          il solito ufficio.
          Le speranze diminuiscono.
          La voglia di vivere aumenta.
          Il treno continua la sua corsa.
          Ti porta a Mestre.
          Alcuni minuti, e mi sento
          cadere ancora più giù.
          Continuo la mia corsa.
          Ultima speranza.
          Ultima possibilità.
          Verona.
          Ti avevo vista, alcuni anni fa,
          con l'occhio di chi è felice.
          Ora mi sembri triste.
          Sembra che prendi parte
          al mio dolore.
          Il mio essere, ghermisce,
          con la forza dell'esasperato.
          La mia anima si ribella.
          Dentro di me,
          mi sento un uomo finito.
          Un uomo futile.
          Un uomo messo al mondo,
          per errore del Supremo.
          Continuo la mia corsa,
          invertita verso casa.
          Con la speranza a pezzi.
          Con il mio essere a terra.
          Con il cuore colmo,
          di odio per il mondo.
          Oh uomo...
          indegno di essere chiamato fratello.
          Oh Italia... indegna di essere
          chiamata Patria.
          Manipoli me, come una pedina;
          pronta a darmi in pasto,
          alle belve feroci,
          pur di avere il tuo tornaconto.
          Come considerarti Patria?
          Come far parte, di questa società
          costantemente corrotta.
          Composta martedì 30 novembre 1976
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            Scritta da: Gerlando Cacciatore

            Nausea

            Diciotto anni.
            Giovane spensierato.
            Giovane avrai soltanto,
            sentimenti d'amore;
            sussurra la gente.
            Beato te, mi dicevi,
            amico mio.
            Sai quel che sa la gente.
            Mediti quel che medita la gente.
            Ficca il naso nel mio cuore.
            Troverai dell'amarezza che l'affligge.
            Amarezza composta,
            di odio, nausea per il mondo.
            Non erro.
            Nausea, odio.
            Motivi efficienti,
            per far di diciotto anni,
            un Mosè.
            Oh giovane.
            Come invidio tua spensieratezza.
            Come invidio tuoi sentimenti.
            Come invidio tuo mondo.
            Venire da te?
            Lasciare Mosè?
            Contro natura.
            Chissà;
            erro non erro,
            interrogativi che non mi pongo.
            Interrogativi, che renderebbero me,
            ancor più posseduto
            dalla nausea.
            Composta mercoledì 10 luglio 1974
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              Scritta da: Gerlando Cacciatore

              Il poeta

              La morte.
              Cos'è la morte?
              Un sonno eterno.
              Un sonno da cui non ti ridesterai.
              Brandirai dimora;
              obliato, evocato per il tuo capolavoro.
              Morire per non morire.
              Ghermire per il domani.
              Vivere per il domani.
              Morire vivere?
              Borbotta mio nonno -
              Ridotto di fronte alla morte,
              mette un brivido di costernazione.
              Di non pensare.
              Di non porti domande.
              Essere nullità.
              Il capolavoro?
              Hai ragione.
              Morire per non morire.
              Sublime.
              Uomo umanitario.
              Segui.
              Muori per non morire.
              Composta sabato 21 aprile 1973
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