Scritta da: Antonio Prencipe

Dannato diluvio

Fuoco e realtà,
non ho più nulla
pioggia e argento cadono su di me
oro e sangue sulla mia pelle
niente mi resta e niente mi perseguita
ora cosa si fa
si va in cerca del tuo odore
in questo diluvio d'anime cerco una lacrima
in questo paradiso senza cieli cerco una speranza
in questo inferno dannatamente bello cerco la tua anima,
la luce tornerà
il buio si fermerà
nemmeno quel dannato silenzio ingordo mi fermerà
sarà un altra poesia
sarà un'altra storia
ora resto immobile
resto immerso nei tuoi incubi,
Dio mi hai portato via la mia anima
Dio, mi hai portato via dalla mia follia,
Dio, mi hai tolto l'adolescenza,
Dio, mi hai tolto la stella più bella,
Dio, hai mandato quell'angelo maledetto da me,
Dio, mi hai tolto quel piccolo pezzo di me,
Dio, mi hai donato l'oscurità,
Vivo nello sconforto di una vita senza età,
Voglio questo dannato amore che mi hai portato via,
Cielo grande, cielo mio portami li,
li dove la neve si trasforma in amore,
li dove tutto muore e tutto rinasce,
Mare mio, mare sacro regalami la tua ira.
Composta venerdì 30 aprile 2010
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    Scritta da: sintagma
    Voglio dirti gli ultimi versi
    ora che un nuovo amore ti accende
    e che questa primavera ti allontana da me
    per sempre con il grido di una rondine.
    Un cuore di poeta a un cuore di poeta.
    Voglio dirti, che ancora sogno
    un bambino sdentato che mi sorride
    sulle ginocchia.
    Ma la mia sedia è vecchia,
    la mia stanza troppo vuota e
    nemmeno un raggio di sole
    filtra dalle finestre.
    Questo bambino ride in ombra
    a una madre cieca.
    Perché come Psiche, tracciai nel buio
    i contorni del tuo viso ma non fui paga,
    e volli vedere l'amore.
    Ma lo scotto per troppo desiderio
    fu una meraviglia da deliquio, una lacrima
    di candela, l'amore ferito e offeso, e
    una freccia conficcata nelle pupille.
    Come farò, senza rivedere i tuoi occhi?
    Voglio dirti, che quando il glicine
    si piega sotto la sua cascata di fiori,
    io penso al tuo corpo gravido di dolcezza,
    pesante come un grappolo d'uva dalla vite.
    Ho vendemmiato i tuoi pensieri con vergini mani,
    assaporato le tue parole, che erano canti,
    in ascolti pieni di silenzi adoranti.
    Così, in qualche modo, ti ho avuto.
    Voglio dirti, che come un lombrico,
    hai scavato un cunicolo profondo
    nell'anima perché il vento potesse
    suonarci attraverso; mi hai reso flauto
    delle tue melodie.
    Vedi, nasciamo nudi e quando moriamo,
    siamo pieni di vesti.
    Si preoccupano costantemente di vestirsi,
    ma io voglio vivere e morire come sono nata: nuda.
    Tu mi hai spogliata di difese inutili, esposta
    al freddo della verità che ci assidera le mani:
    siamo esseri fragili.
    Perciò, voglio dirti grazie negli ultimi versi
    ora che un nuovo amore ti accende e
    che questa primavera ti allontana da me per sempre
    con il grido di una rondine.
    Non dirmi di essere serena.
    Ora voglio solo disperdermi nell'aria
    con il fumo di una sigaretta.
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