Scritta da: Lucio Dusso
in Poesie (Poesie d'Autore)
Quieta è la luce
nei giorni di primavera,
ma non c'è pace
per questo cuore
son caduti i fiori.
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Quieta è la luce
nei giorni di primavera,
ma non c'è pace
per questo cuore
son caduti i fiori.
In un lucido vespro, esteso come il tedio,
quando l'estate torrida brandisce la sua lancia,
d'un greve sogno mio lo spettro riflettevano
mille ombre drizzate in fila sulla piana.
Era purpureo specchio la gloria del tramonto,
era un vetro di fiamme, che scagliava al vetusto
infinito il pesante sogno sulla pianura...
Ed io sentii lo sprone sonoro del mio passo
echeggiare lontano nel tramonto sanguigno,
e più oltre l'allegro canto d'un'alba pura.
Come le foglie che fa germogliare la stagione di primavera
ricca di fiori, appena cominciano a crescere ai raggi del sole,
noi, simili ad esse, per un tempo brevissimo godiamo
i fiori della giovinezza, né il bene né il male conoscendo
dagli dèi. Oscure sono già vicine le Kere,
l'una avendo il termine della penosa vecchiaia,
l'altra della morte. Breve vita ha il frutto
della giovinezza, come la luce del sole che si irradia sulla terra.
E quando questa stagione è trascorsa,
subito allora è meglio la morte che vivere.
Molti mali giungono nell'animo: a volte, il patrimonio
si consuma, e seguono i dolorosi effetti della povertà;
sente un altro la mancanza di figli,
e con questo rimpianto scende all'Ade sotterra;
un altro ha una malattia che spezza l'animo. Non v'è
un uomo al quale Zeus non dia molti mali.
Ch'io segua la mia via lascia, o diletta;
Si rabbuia e fa freddo sempre più;
La giornata al suo fin vedi s'affretta,
E fermar non mi debbo che laggiù.
Vuoi cantarmi i tuoi canti? Estraneo affatto
È, fanciulla, il lor suono a questo cor;
L'ho già posta in oblio da lungo tratto
Quella soave tua parola: Amor.
Lontani dì mi tornano al pensiero
E che soave ella fosse mi par;
Or, fanciulla, proseguo il mio sentiero:
«Alla sua meta ognun deve arrivar».
Volge più sempre al basso il mio cammino;
L'aer più fosco e rigido si fa:
Vacilla il piè; presagio del vicino
Ultimo dì m'è la cadente età.
Cos'è la vita!?
Goccia di rugiada
che evapora.
Eppure la darei
per poterti incontrare.
Se tu sapessi quanto è gran dolcezza
un suo fedele amante contentare,
gustare e modi suoi, la gentilezza,
udirlo dolcemente sospirare,
tu porresti da canto ogni durezza,
e diresti: "Una volta ì vò provare".
Quando una volta l'avessi provato,
tu ti dorresti aver tanto indugiato.
Così sbiadito a quest'ora
lo sguardo del mare,
che pare negli occhi
(macchie d'indaco appena
celesti)
del bagnino che tira in secco
le barche.
Come una randa cade
l'ultimo lembo di sole.
Di tante risa di donne,
un pigro schiumare
bianco sull'alghe, e un fresco
vento che sala il viso
rimane.