Scritta da: Lucio Dusso
in Poesie (Poesie d'Autore)
Bianche gocce di rugiada
sui pennacchi di canna
del mio giardino.
Potessi perforarle intatte...
Una collana per te.
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Bianche gocce di rugiada
sui pennacchi di canna
del mio giardino.
Potessi perforarle intatte...
Una collana per te.
Chi preferisce di donare a Lino
sol la metà, piuttosto che prestargli
l'intera somma, certo preferisce
di perder la metà.
Fu già chirurgo Diaulo,
ora è becchino.
Nel modo che gli era possibile
cominciò ad essere medico.
Come le foglie che fa germogliare la stagione di primavera
ricca di fiori, appena cominciano a crescere ai raggi del sole,
noi, simili ad esse, per un tempo brevissimo godiamo
i fiori della giovinezza, né il bene né il male conoscendo
dagli dèi. Oscure sono già vicine le Kere,
l'una avendo il termine della penosa vecchiaia,
l'altra della morte. Breve vita ha il frutto
della giovinezza, come la luce del sole che si irradia sulla terra.
E quando questa stagione è trascorsa,
subito allora è meglio la morte che vivere.
Molti mali giungono nell'animo: a volte, il patrimonio
si consuma, e seguono i dolorosi effetti della povertà;
sente un altro la mancanza di figli,
e con questo rimpianto scende all'Ade sotterra;
un altro ha una malattia che spezza l'animo. Non v'è
un uomo al quale Zeus non dia molti mali.
Che vita mai, che gioia senza Afrodite d'oro?
Ch'io sia morto quando più non mi stiano a cuore
l'amore segreto, i dolci doni e il letto:
questi sono i fiori della giovinezza, desiderabili
per gli uomini e le donne. Quando poi dolorosa sopravviene
la vecchiaia, che rende l'uomo turpe e cattivo,
sempre nell'animo lo corrodono tristi pensieri;
e di vedere i raggi del sole non gioisce,
ma è odioso ai ragazzi e in dispregio alle donne:
così penosa fece il Dio la vecchiaia.
Vedova, lavorò senza riposo
per la bambina sua, per quel suo bene
unico, da lo sguardo luminoso;
per essa sopportò tutte le pene,
per darle il pan si logorò la vita,
per darle il sangue si vuotò le vene. -
La bimba crebbe, come una fiorita
di rose a maggio, come una sultana,
da la materna idolatria blandita;
e così piacque a un uom quella sovrana
beltà, che al suo desio la volle avvinta,
e sposa e amante la portò lontana!...
... Batte or la pioggia dal rovaio spinta
ai vetri de la stanza solitaria
ove la madre sta, tacita, vinta:
schiude essa i labbri, quasi in cerca d'aria;
ma pensa: "La diletta ora è felice... ".
E, bianca al par di statua funeraria,
quella sparita forma benedice.
Così sbiadito a quest'ora
lo sguardo del mare,
che pare negli occhi
(macchie d'indaco appena
celesti)
del bagnino che tira in secco
le barche.
Come una randa cade
l'ultimo lembo di sole.
Di tante risa di donne,
un pigro schiumare
bianco sull'alghe, e un fresco
vento che sala il viso
rimane.
Il dono eccelso che di giorno in giorno
e d'anno in anno da te attesi, o vita
(e per esso, lo sai, mi fu dolcezza
anche il pianto), non venne: ancor non venne.
Ad ogni alba che spunta io dico: "È oggi":
ad ogni giorno che tramonta io dico:
"Sarà domani". Scorre intanto il fiume
del mio sangue vermiglio alla sua foce:
e forse il dono che puoi darmi, il solo
che valga, o vita, è questo sangue: questo
fluir segreto nelle vene, e battere
dei polsi, e luce aver dagli occhi; e amarti
unicamente perché sei la vita.
La mano è larga, onesta
fino ad essere nodosa.
Quando si stringe una mano così
non si può mentire.
È questo il saluto d'un uomo
che lavorò onestamente.
La mia mano nella tua mano
tutti e due stringendo forte
ci scambiamo queste parole:
"Lavoreremo forte quest'anno.
Anche quest'anno".
Sono forse parole usuali
ma senza infingimenti o menzogne.
Sono un saluto dal cuore.
Una matina un povero Somaro,
ner vede un Porco amico annà ar macello,
sbottò in un pianto e disse. Addio, frate:
nun ce vedremo più, nun c'è riparo!
Bisogna esse filosofo, bisogna.
Je disse er Porco via, nun fà lo scemo
ché forse un giorno se ritroveremo
in quarche mortadella de Bologna!