Stanco e vinto dal sonno al manco lato inerme entro il mio petto Amor giacea, e il mio cor, che senz'armi il Dio vedea l'ali gli tolse ond'avea il tergo ornato.
Sé stesso impenna, e lieve spirto alato fuor dal natio soggiorno il volo ergea, e per l'usato calle alla mia Dea giunse e librossi in sul bel crine aurato.
Indi, quasi farfalla, intorno il foco degli occhi mosse, ma l'intenso ardore sciolse gli incauti vanni a poco a poco.
Così dentro il bel sen cadde il mio core; ed ord sperano in van di cangiar loco il cor senz'ali, e lo spennato Amore.
"Facciam" disser gli dèi, "facciamo un'opra chi l'uguale laggiù non sia: in lei la nostra possanza il mondo scopra; quanto in cielo può darsi, a lei si sia." L'alma più degna ch'un bel vel ricopra scelsero allor Bellezza e Leggiadrira: ecco Natura, ecco i celesti all'opra; e chi uscì lor man? La donna mia. Venere la beltà, Mercurio l'arte, il senno Giove, e dier lor grazie a lei Febo, Cintia, Giunon, Pallade e Marte. Deh! perché Amor non fu tra gli altri dèi! Che s'ei nel gran lavoro avea sua parte, l'intero paradiso era in costei.
La vita non è altro che un'ombra vagante: un povero attore che si pavoneggia e si agita per la sua ora sul palcoscenico, e poi tace; è un racconto recitato da un idiota gonfio di suono e di furia che non significa nulla.