Morte-in-vita
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...vita, invece, e di questo Santo ne è tristemente consapevole, ha sempre disdegnato la sorpresa: è stata prevedibile e scientificamente curata.
Così l'incipiente di senso di colpa per una vita "gettata" diventa sempre più grande e insopportabile tanto che il corpo vecchio di Santo inizia a perdere lentamente (ma inesorabilmente) le proprie forze.
Il senso di colpa mordace gli impedisce di godere a fondo della residenza di campagna dove, in previsione, avrebbe dovuto trascorrere una vecchiaia felice, assolutamente dedita al riposo e alla tranquillità.
Invece no: la sua vita da pensionato è un autentico disastro.
È tanto disastrosa che il suo corpo diviene pressoché scheletrico: non riesce più a mangiare per quanto è potente il senso di colpa.
Così, dopo cento, mille sofferenze, impugna con foga un coltello e con una strepitosa velocità, come volesse compiere l'atto nella maniera più celere possibile, si trafigge il cuore per poi attendere la morte, come fosse un angelo alato portatore di beatitudine.
Ma essa, la morte, tarda ad arrivare.
Dalla bocca del cuore creata dal coltello escono violenti getti di sangue rosso vermiglio, ma niente: le funzioni vitali di Santo restano sempre le stesse.
Non morì neanche un'ora dopo; nemmeno un giorno dopo; ne tantomeno un mese dopo.
Non morì più. Divenne immortale anche se, volente o nolente, il senso di colpa diventava sempre più forte e lo assassinava brutalmente ogni giorno: perché si può essere morti anche essendo vivi.
Quella di non morire fisicamente fu così la pena perpetua che gli toccò subire per aver disdegnato a lungo la vita.
Composto sabato 8 aprile 1989
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