Scritto da: Giuseppe Catalfamo

Il piccolo Cat


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Il piccolo Cat non aveva mai sognato, un'infanzia tranquilla ma tetra e scialba, solo i sogni avrebbero potuto dar colore, ma come detto, a differenza dei suoi coetanei lui non sognava e loro per questo lo deridevano, lo ghettizzavano. Probabilmente tutto era creato dalla sua mente, ma vedeva in modo così reale che ciò lo faceva sentire diverso, una mosca bianca, non meglio, non peggio, solo differente, unico. Una forma inconscia di complesso di superiorità o una forma latente di esporsi al prossimo e alla vita, nichilismo, rifiuto della realtà, la filosofia del "non essere". Solo in adolescenza avanzata, quasi un ometto, apparvero i primi sogni che per la verità erano incubi, il più frequente era un thriller, narrava che lui era un assassino, anche se non si capiva mai chi fosse la vittima lui sapeva d"aver ucciso. Braccato fuggiva all"interno di una casa a tre piani con grosse finestre dove il colore prevalente era il porpora, saliva e scendeva scale ansimando, sudando sangue, finché non veniva raggiunto e quindi finito... era a quel punto che si risvegliava e ancora per qualche minuto aveva nello stomaco e nel cuore l'amarezza d'aver tolto la vita a qualcuno. Altro incubo ricorrente era ... [segue »]

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