Il barbone
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L'uomo è lì, riverso a terra sul marciapiede sporco, prono lungo le colonnine del sottopassaggio della metro. Nemmeno il braccio gli protegge il viso dal contatto con l'asfalto. La guancia, con la barba lunga e a chiazze, tocca i mattoni grigi; gli occhi sono chiusi, i capelli ispidi e sporchi sono scuri. L'uomo è giovane.
Un braccio è allungato a terra, l'altro è accanto al corpo e anche le gambe hanno la stessa posizione asimmetrica. Dagli abiti vecchi e senza colore sporgono una mano e un piede: hanno dita fini, delicate, luride, con le unghie spezzate e orlate di nero, un po' rattrappite, forse per il freddo. Due piccoli pezzi di cartone sono malamente appoggiati sulle spalle e sulle gambe, in parte a terra e in parte sul corpo, ondeggiano alle folate di vento. I reni sono scoperti, bordi di biancheria nerastra fuoriescono sotto la giacca e i calzoni, si scorge la fessura delle natiche magre,
Quel corpo ha un abbandono innaturale, potrebbe essere di un ubriaco, di un morto, di un drogato, comunque di uno fuori di sé, è solo un corpo, privato dello spirito, dell'identità.
Dignità e respiro sono andati via.
È lì, offerto al ludibrio di chiunque,... [segue »]
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