Scritto da: Ginny Purple

Addio...

Questa mattina mi svegliai estasiato, ma l’euforia passò immediatamente quando mi avvidi di essere ancora in questa lurida prigione. Il mio compagno di cella, ormai morto da tre giorni, emanava un lezzo insopportabile, ma le guardie non se ne curavano minimamente. I sogni erano l’unica cosa che mi rendeva ancora libero. Sognai l’oceano, nella sua sconfinata bellezza; brillava ed era di un meraviglioso blu cobalto. Potevo toccarlo, respirare il suo incantevole profumo, ammirare i suoi fondali, godere ancora del gusto dei suoi frutti. Era stato per anni la mia unica casa, il mio rifugio. Proprio da lui mi avevano strappato via, per portarmi in questo tugurio, a marcire, aspettando la morte. In centinaia morivano tra queste mura maledette, in molti di più uscivano per essere uccisi dai carnefici, davanti al popolo intero. Pochissimi erano riusciti ad andar via sulle proprie gambe. Dei fortunati bastardi! Questi raccontavano con enfasi e una punta di orgoglio questa loro “avventura”, cercando di ammonire, ma anche di far morire d’invidia chi non l’avesse mai provata. Vorrei sperare di divenire un fortunato bastardo anch’io un giorno, ma le campane stanno suonando i dodici rintocchi, il sole è alto, lo scalpitio degli stivali dei soldati si fa sempre più vicino, sento le urla delle donne in piazza, eccoli sono qui… La mia fine è arrivata. Addio.

Capitan L. J. Thompson.
Composto lunedì 6 settembre 2010

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