I miei sono ricci attorcigliati dal vento e dall'amore, come spirali d'infinito. Arabeschi esteriori di grovigli mentali. Estroflettono i pensieri in molle di ritorno, ché a cacciarli ci si prova, ma poi ritornano indietro a confinarsi dentro con la velocità, l'impatto e la violenza che ci metto a mandarli via. I miei ricci sono fronde d'albero color ebano che si beffano dei piedi che, come radici, arpionano la terra e l'abitudine, l'atrofia, il buon senso, la remissione, quel blocco che non mi consente di volare. Una chioma vaporosa che si allarga come ventaglio sui cuscini di seta a disegnare rami d'appoggio per chi si sveglia accanto a me, avendone assaggiato resina durante la notte e continuando ad accarezzarmi il fogliame in ricerca di gemme e frutti succosi. I miei ricci mi ricordano d'essere donna. Una cresta leonina che mi rende sovrana e guerriera. Con l'urlo sommesso di chi si accascia, li tiro su in impertinenti ed alteri chignon e, così, mi tiro su anch'io. Vento ed amore con mani di acconciatori sapienti, ché di aria nelle narici mi nutro e di folate d'emozioni mi orno questi miei ribelli, capricci irriverenti, nodosi, che imprigionano le dita di chi vuol restare.
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