Snodo pensieri come frutti maturi quando l'acqua mi prende le narici con il suo salmastro che mi ristagna entro le pareti dell'ascolto di me. Aggroviglio raggi per stemperare il caldo estivo a contatto con il mio eterno autunno, ché mi sto imponendo di viverla quest'estate, togliendomi da dentro certe stalattiti che mettono il calcare ai fatti della memoria e scendono giù dal tetto della tregua a forma di ricordi ossidabili. La vivo quest'estate, con il mio carico di stranezze, affiggendo le lucciole notturne ad alberi di Natale immaginari ed inventando il chiacchiericcio delle accidiose cicale che somiglia a quello della gente allegra - ci sarà da crederci? - che gira a zonzo per i mercatini rionali alla ricerca dell'ultimo regalo, ché è già la vigilia. Non so come si festeggi il Natale, a dire il vero. Giuro che la sto vivendo quest'estate, comunque, ci provo, a modo mio insomma, ma finisco sempre per scivolare, che sia neve, o l'asfalto reso troppo lucido dal sole o sugli scogli bagnati dove mi ostino ad andare sempre con le infradito traditrici. Ho un problema con le stagioni che mi ricordano il tempo che ruzzola come me e farei di ogni luglio il mio gennaio, ché lì sono nata e, nel bene e nel male, mi subisco. E chiedo scusa all'estate con il suo odioso torrido, ma non fa per me. Resto accucciata in un angolo d'autunno che tanto mi somiglia.
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