Ho questo brutto vizio di contare i passi dentro alle mie scarpe e sono stati sempre il doppio di quelli battuti sul terreno, ché la stanchezza mi vien tutta da me e non dalle cose del mondo. Ho imparato, così, a contare prima che a parlare, poi, mentre gli altri si sporcavano di fango, io mi macchiavo d'inchiostro e mi chiedevo sempre perché se stringevo la penna tra pollice ed indice e premendo sul medio, era sempre il laterale lungo il mignolo ad essere imbrattato... poi, l'ho capito. Quando scrivevo, lo facevo sì sui fogli, ma poi questi mi tatuavano il non detto sulla pelle, così che la china potesse penetrarmi i pori e farla mia per sempre ed è stato così che scrivere è diventato il mio violento silenzio che si fa parola che può essere ascoltato anche dai sassi che ostacolano quei passi che continuo a contare ossessivamente.
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