È un "no" non veritiero, eppure lo ribadiamo col solco dell'atrocità lungo il cuore: "no!". Cerchiamo di ingannare noi stessi, pur di sfuggire al coinvolgimento di occhi che divengono pensiero "martellante" perché temiamo l'emozione di lasciarci andare alla vita. Pensiamo di salvaguardarci perché ci convinciamo sempre più che le emozioni siano sofferenze, tabù. Quel "no" ci si ferma in gola, si annoda e diventa tonalità stridente. Esultiamo, a cuore stretto, "alla resistenza". Ci neghiamo. Poi, magari, ci fermiamo e piangiamo. No!
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