Micromachin...
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...osannati e decantati e finiva sempre per aspettare per tutto il film la scena che aveva fatto del film un grande film. Alla fine rimaneva di merda a guardare il grande schermo nero con le scritte che sfilavano via così velocemente quasi conoscessero la loro inutilità... perché alla fine nessuno le avrebbe lette.
Le cinque! Le campane intonavano un triste canto e riempivano l'aria unida di mesti ricordi.
I capelli attaccati alla fronte, la bocca serrata, il vento ghiacciato come lama sottile nelle ossa mentre i pensieri correvano più della moto che sfrecciava tra clacson e Va fan...
e poi dico... avrebbe capito... anche lui aveva il suo da fare.
Prendere l'ascensore, ma no meglio le scale. Lei andava in ascensore e lui correva giù per le scale con in mano la sua micromachin e vinceva, vinceva sempre anche se sapeva che lei si fermava un piano sopra per qualche minuto e poi scendeva a baciare il suo campione.
Erano sempre le stesse scale, solo più vecchie, ma sempre maledettamente lucide, come se qualcuno ci avesse strisciato la sua sudicia lingua sopra.
La porta era sempre quella con quella enorme targhetta dorata: dottor Fioritti Angelo. Era sempre chiusa, a volte ... [segue »]
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