Sei il suffisso della mia eternità. Sono la desinenza del nostro infinito. Ere e spazi siderali ci hanno disgiunto le carni. Gli inganni mi hanno staccata da te e ti sei perso, perdendomi. Lacrime di cristallo distillate da gocce di assenzio, fredda la pelle. Ma cos'è la morte se non passa per il tuo bacio? E cos'è il tuo divino morso se non trova pelle ove affondarsi, penetrandomi nell'incavo delicato della mia vena per andare in circolo e raggiungermi il cuore, una staffilata di dolore, il corpo che abbandona la terra, l'anima che si vende al demone, il funerale del terreno sentire per ergersi e slanciarsi verso il sacrilegio che ci appartiene. Sono la tua nera sposa. Cerimonia funesta che ci unisce nello stesso sepolcro. Dammi la vita eterna che io ti porgo l'eterno amore. Non più perseguitati dalle furie, né dilaniati dalle lupe, non vivi e non morti, ma uniti nel patto che ci scambiamo. Macchiami le vesti di pizzo e seta con rivoli e flutti e corsi di sangue che ci disseta. Uccidiamo profezie e leggende, pieghiamo la sorte che non sappia di sola morte che tenga lontana, ma che unisca quando la scure lambisce gli aneliti. Donami il tuo antico anello, scostami lo scuro velo ed infliggimi il bacio immortale ché io lo patisco. Sposi neri, nutriti di rosso che dominano il tempo.
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