Scritto da: Andrea De Candia
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...tornavano davanti agli occhi. Ma il quadro meraviglioso del presente assurse subito a sensazione dominante. I giorni del futuro impallidivano, il passato dileguava. Nell'incendio di quell'attimo arsi anch'io. Da ogni direzione avanzò luminoso, con splendido gesto beatificante, tutto ciò che è grande e buono. In mezzo alla bella contrada, io pensavo solo ad essa; qualunque altro pensiero veniva meno. Guardavo attento a quanto v'era di più piccolo, di più modesto, mentre il cielo pareva inarcarsi alto e scendere profondo. La terra si faceva sogno: io stesso ero divenuto interiorità e procedevo come dentro di essa. Ogni forma esteriore si dissolse, il finora compreso divenne incomprensibile. Rimanendo alla superficie, precipitai nel profondo che immediatamente riconobbi come il bene. Quello che noi comprendiamo e amiamo comprende e ama noi pure. Io non ero più io, ero un altro, ma più che mai perciò me stesso. Nella soave luce d'amore credetti di poter capire, o di dover sentire, che colui che veramente esiste è solo l'uomo interiore. Mi afferrò questo pensiero: "dove finiremmo noi uomini se non ci fosse la buona, fida terra? Che cosa avremmo, se questo ci mancasse? Dove potrei essere, se non fossi qui? Qui ho tutto e altrove non avrei nulla.

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