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...paura che diventava terrore quando improvvisamente di notte le sirene annunciavano l'arrivo dei bombardieri e si doveva scappare nei ricoveri sotterranei. Ricordo mia madre china sul lavatoio a lavare in quell'acqua gelida con l'artrite che le contorceva le mani ed io che le dicevo che volevo andare a lavorare per pagarle una lavandaia. La ricordo piangere davanti al focolare, con un ventaglio logorato dall'uso e dal tempo, soffiare sul carbone spesso così umido che per accenderlo ci volevano ore... quanti sacrifici per preparare per noi cinque figli un po' di pane con un pugno di farina mischiata alla segatura! Erano alimenti preziosi le bucce di piselli, fave e patate per cucinare una zuppa. Non meno duro è stato il dopoguerra. Rari i mezzi di trasporto, le abitazioni distrutte, le condizioni di vita difficilissime, miseria, fame, mancanza di lavoro, di medicinali e di ogni bene di prima necessità. Insomma, non cadevano bombe ma la tragedia continuava. La mia mente è affollata dai ricordi degli stenti di noi bambini d'allora, a cominciare dal desiderio di una fetta di pane. Ci pensate? Un poco di pane chiedevamo, non una porzione di timballo di maccheroni o un pollo arrosto o una fetta di torta,... [segue »]
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