Non esisteva davanti a me, nessuna via.
Una via d'uscita, intendo.
Alla ferita che piano piano, sempre più, si allargava dentro me.
Vi capita mai di pensare, di avere davanti un'intera città da calpestare e non conoscere la città.
Sentirsi uno straniero nella moltitudine di persone e strade sconosciute.
A volte basta proprio poco, nel voler andare comunque avanti e perdersi.
Come avere un progetto nella mente, che sai, non porterai mai a compimento.
Mi fermai, cercando di soppesare la mia apparente consapevolezza.
Sapevo a cosa stavo andando incontro.
Quindi mi girai per non fuggire e tornai indietro.
Capii che se non avessi affrontato la mia realtà, non avrei più potuto dissetare il mio riarso destino e riuscito a calmare le mie tristi ire.
Tornavo indietro, pronto ad accecare i miei sogni.
Mi sedetti vicino al molo, ad aspettarla.
Guardai, pensieroso, il mare e la piccola imbarcazione che veniva scaricata.
I marinai sembravano avere fretta ed imprecavano in francese, gli scaricatori rispondevano ai presunti insulti, in dialetto genovese.
Dal botta e risposta parevano comunque perfettamente capirsi.
Sorrisi e mi invase un forte senso di tranquillità, come se tutto ciò che avevo passato, fosse ormai passato.
Le notti diventavano giorni ed i giorni diventavano notti.
Nulla più.
Stavo perdendo il tempo.
Mi voltai verso un vecchio, poco lontano, vestito di bianco.
Aveva l'aria di uno che non aveva più nulla da chiedere alla vita.
Sembrava sereno e consapevole della sua saggezza.
In quel momento lo invidiai.
Lei arrivò, nel suo solito ritardo.
Era pallida, ma sorrideva di un sorriso malinconico.
Così intuii che il nostro Amore era tutto lì, in quel sorriso, che sbarrava ogni porta del cuore.

Giorgio Baiardi