Per un sì, per un no
L'uomo, questo si sa benissimo tutti, non ama le contrarietà.
Le contrarietà gli giungono sempre con un "no", anche se espresso in mille modi diversi, personali o impersonali, espliciti od impliciti.
È quindi ovvio che si accolga più volentieri affermazioni, consensi, piuttosto che critiche o dinieghi.
Una riprova? Basta pensare a quanto tempo occorre, e al numero delle parole che dobbiamo spendere, per dimostrare la ragione o i motivi per i quali non assecondiamo una proposta che non ci va: inventiamo perfino scuse, se necessario.
Ove invece intendessimo accogliere quella proposta, basterebbe il semplice "sì". Nient'altro.
Potremmo infine aggiungere anche che, volendo limitarci a vedere la proposta entro la stretta analisi logica del discorso, sarebbe sufficiente, in tal caso, usare l'altro altrettanto semplice monosillabo parallelo, il "no"; ma non si farebbe mai.
E, perciò, il "sì", snello e rassicurante, può camminare da solo; il "no", invece, deve avere sempre una propria coda al seguito, quella formata di parole giustificative di cui si diceva.
Specialmente se anche l'interlocutore ha un'altra coda a sua volta: quella "di paglia".
Composto mercoledì 9 ottobre 1996
dal libro "Un bicchiere mezzo vuoto" di Tommaso Mazzoni
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