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...ma io? Meglio lasciar andare su questo punto.
Se non rischiassi, a proposito di quanto dicevo prima, di apparirvi dall'accento altisonante, potrei addirittura declamarvi, con manzoniana licenza: ai posteri l'ardua sentenza. Mentre mi limito, "terra terra", a sussurrare come in un orecchio, semplicemente: "a voi, gentili amici, che siete arrivati fino a qui, l'ultima parola, l'ultimo giudizio".
Io me ne sto qui, da una parte, buono buono, sia che il vostro dire volga in un senso che nell'altro (Ma ci terrei a saperlo, oh, sì, che ci terrei).
Se di amici lettori ne ho persi qualcuno per istrada, pazienza. Non penso che qualcuno se la prenda con me come persona, per ciò che scrivo. Non credo proprio.
I più tenaci, o forse chi mi vuole anche un pochino di bene - vi vedo - sono, siete tutti qui davanti a me. Grazie. Ma, questo, con assoluta, piena parità: voi davanti a me, come io sono davanti a voi, a ciascuno di voi.
Farete di sicuro meglio di me, mentre interpreterete (e non solo leggerete) quanto tenterò di ripensare.
Il modo ce lo suggerisce Borges (Jorge Francisco Isidore Luis Borges Acevedo, 1899-1986) : "Non c'è nulla di antico sotto il sole. Tutto accade per la prima volta, ma in un modo eterno. Chi legge le mie parole sta inventandole..." (2).
Dite, ma che si potrà mandare un abbraccio con l'ausilio della scrittura? Io ci provo. Eppoi, se non dovesse arrivare l'abbraccio, vi arrivi almeno il mio saluto affettuoso. Di questo, che arriva, ne sono certo: per scritto m'è arrivato proprio ora quello di un mio lontano cugino.
Credete che immagini? Pensate forse che non abbia la lettera, proprio qui, accanto a me?
Ecco, guardate.
Composto venerdì 27 marzo 1998
dal libro "Qualche tentativo" di Tommaso Mazzoni
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