Scritto da: Tommaso Mazzoni
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Presentazione (a cura dell'autore)
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...scrittore, o mio, non è perciò che una minuscola ma pur sempre preziosa tessera di quell'incommensurabile gioco del domino da dove non si può non muovere: quella nuda e isolata tessera presso cui, poi, si può perfino tornare o riavvicinarci, ma sempre più arricchiti e con il conforto di quella luce dovuta a tutte le esplorazioni, alle sempre più ampie volute, alle acquisizioni e le conoscenze comunque realizzate, pur se condizionate dall'opposto attanagliamento centripeto dovuto ai condizionamenti e alle nostre limitazioni strutturali e storiche e dove, ogni volta che ci riavviciniamo, possiamo trovare ulteriori significati, grazie proprio alle nostre aggiunte esperienze.
È, infatti, grazie a questo perfezionarsi dell'esperienza, cosa che è dovuta a quell'innata forza che tende sempre più ad allontanarci da quella sfuggente fase iniziale che vi ha fatto, o vi farà, trarre largo e proficuo vantaggio; di certo più di quanto non possa aver saputo fare io.
Questo, tuttavia, anche il mio augurio.
Potrete rilevare, per mia limitatezza, infatti, che non ho mai tentato di dare definizioni su materie che ritengo inafferrabili, dato che omnis definitio est negatio. Dal momento che una cosa è definita, di per sé è già negata; e in fatto di cose trascendentali in ... [segue »]
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Composto mercoledì 13 novembre 1996
dal libro "Un bicchiere mezzo vuoto" di Tommaso Mazzoni
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Scritto da: Tommaso Mazzoni
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- (1) - Vi riporto, anche perché il commento lo ritengo giusto ad hoc, quanto ci dice ancora lo scrittore statunitense Ezra Pound (1885-1972) a proposito degli scritti di altri (non sarà, questa, come avrete già intuito, l'ultima volta che mi permetterò di... scomodarlo). Dice Pound: - Un critico acuto mi dice che non imparerò mai a scrivere per il pubblico perché insisto a citare altri libri. Come diavolo lo si può evitare? L'umanità ha avuto molte idee prima che io comprassi una macchina da scrivere portatile. (Da Jefferson and/or Mussolini, Stanley Nott, Londra, 1935).
E voi, gentili amici, che certamente avrete notato la data in cui Pound ha fatto quel commento, pensate forse che per chi scrive oggigiorno, e soprattutto per me, il compito sia più facile? Ma vi immaginate che caterva di idee e di scritti è venuta a galla da quel lontano 1935 fino ad oggi - anno 1996 - cioè in più di sessant'anni? E romanzieri, e filosofi, e poeti, e pensatori, e storici, ed economisti, e matematici, e fisici e, perché no?, giornalisti e cronisti della carta stampata e della radio e della televisione di Stato e non soltanto; e di settimanali, e di mensili, e... chi più ne ha più ne rammenti. Ma, v'immaginate, dal 1935 in poi? Inoltre dovrebbe essere considerato anche il fattore "mezzi di diffusione", che certamente contribuiscono, in modo esponenziale, almeno fino ad oggi, a propagare pensieri e idee, e alludo ai Cd-Rom, alle reti mondiali tipo Internet, alla televisione via satellite. Idee su idee, pensieri su pensieri, informazioni su informazioni che aiutano, contribuiscono, sicuramente (al di là degli aspetti negativi, propri di ogni novità), alla crescita - per chi vuole - intellettiva e formativa di stuoli di pensatori ed anche, eccoci arrivati, di scrittori.
Poveri noi!
Credo che di discorsi anche molto sensati e di scritti validi ne siano usciti tanti e poi tanti di cui dover tenere conto, anche per evitare di non ripetere o di riciclare come nuovo "materiale" letterario scritto prima. Del resto, perfino il commediografo latino Terenzio (185 159 a. C.), quindi molti, ma molti anni fa, non aveva detto: "Nullum est iam dictum quod non dictum sit prius."? (L'Eunuco, prologo, 41).
Sono sicuro, quindi, che sarete d'accordo con me che è meglio "citare" che plagiare o copiare addirittura: Pound, perciò, e anche Terenzio, e chissà quanti altri, hanno sicuramente ragione. A questo proposito, facendo tuttavia una battuta semiseria, c'è anche chi ha scritto: "Se uno scrittore copia un solo scrittore è plagio; se copia da parecchi... è ricerca".
Proprio stamani, mercoledì 12 febbraio 1997, dalla rinomata Casa Editrice Leo s. Olschki di Firenze, ho ricevuto il pregevole nuovo Catalogo semestrale 1997~1998. Riporta la presentazione, intitolata "1886-1997" ed è nientemeno che di Umberto Eco.
Ebbè, potreste dirmi, e con ciò...
c'è, ritengo, qualche ragione per la quale sono tentato di trascrivervene almeno l'esordio. Ma sì; non sono nemmeno tante, le righe, e v'invito perciò a leggerle qui di seguito; e poi non è tempo sprecato, credetemi. Dice, dunque questo nostro autorevole scrittore (nato ad Alessandria nel 1932) : "Non è cosa da poco tentare una nuova introduzione a un catalogo Olschki, non solo perché in questa impresa mi hanno preceduto amici e maestri di grande dottrina e prestigio, ma anche perché questi miei predecessori, oltre alla dottrina, avevano il vantaggio della precedenza, e hanno detto sulla storia e i fasti della casa editrice tutto quello che c'era da dire, e a ripeterlo sarei un plagiario, sia pure confesso. E poi perché ripeterlo? Questi sono cataloghi "storici" nel senso che sono destinati a durare negli scaffali, non da buttare dopo che si è saputo quali nuovi titoli ci siano in circolazione. E quindi, amico Lettore, vai nei tuoi scaffali e rileggiti le introduzioni precedenti, evitandomi l'umiliazione di essere epigono.
Che cosa fa un epigono, se si sente abitante di un impero alla fine della decadenza e osserva attonito i grandi barbari bianchi che passano? O compone acrostici indolenti, oppure legge cataloghi, per riandare a tante perdute grandezze, pensando che sì, mundus senescit, ma almeno cerchiamo d'invecchiare bene (...)".
Qui, soltanto per non dilungarmi troppo, sono costretto ad interrompere il veritiero ed un po' accorato discorso di Eco per tornare sui miei passi, non senza rilevare come si possa, a volte, dar credito persino a ciò che viene scritto su di un catalogo.
Lasciate però che esprima, per il momento almeno, qualche riserva per gli... elenchi telefonici e relative "Pagine gialle" o "Pagine utili" che dir si voglia.
Riprendo ora da qui il mio discorso interrotto.
Per me personalmente ci sono anche altri vantaggi. Vale a dire che, ritenendomi io soltanto uno che scrive per diletto, e quindi senza i crismi di un vero scrittore, i critici non si occuperanno certamente di me (nemmeno quelli "meno acuti"), e in più non penso mai a dire cose per un "pubblico" (mi verrebbe il capogiro come guardare gli omìni nella strada da un grattacielo di trenta piani!), penso invece, e con tanto affetto, ai miei familiari e a voi amici.
Forse l'avrò anche già detto da qualche altra parte, ma quando è riportato il pensiero di un Autore è anzitutto un omaggio che si fa al medesimo: non è, credo, che gli facciamo un dispetto. Ci sono musicisti, del resto, come Brahms, Mozart, Busoni, Richard Strauss, tanto per fare pochi esempi clamorosi, che hanno preso pari pari musiche di insigni colleghi ed hanno operato revisioni, cercando di mantenere però una certa attinenza alle rispettive opere originali.
E poi, come nel mio caso, una citazione appropriata per un determinato argomento, non deformata o sfigurata, come appunto amo fare, aiuta sicuramente me a spiegarmi e voi a comprendere quanto intendevo esprimere. L'importante, così penso, è che uno scritto possa offrire un qualcosa in più, del genere che oggi, come se si trattasse di mercanzia, si chiamerebbe "valore aggiunto".
Non so, però, se in me ne troverete.
Qualcosina mi auguro di sì, grazie anche alla vostra attenzione che, ne sono certo, sarà sicuramente utile a riflessioni da parte vostra sui vari spunti presentati; ma, direi soprattutto, in virtù della vostra bontà nel giudicare il frutto - acerbo o maturo che sia - di questo mio modesto lavoro che vi accingete a valutare.
Un'ultima aggiunta, a questa nota; e riguarda il nostro principale argomento: il conoscente, il concittadino, a volte anche l'amico, percepirà fatalmente in voi, come nel caso del "bicchiere", l'aspetto del "mezzo vuoto". Anche se vi sono persone validissime, fra coloro che mi leggono (e non ho ragione di dubitarne), non aspettatevi tuttavia che, da quelle categorie di conoscenti, concittadini, amici di cui ipotizzavo, venga còlta, in voi, l'immagine più gratificante: la valutazione sarà sempre (ma diciamo quasi sempre per benignità) da un punto di vista sfavorevole; salvo l'acclamazione, la chiara fama, il generale e formale riconoscimento da parte di chi davvero se ne capisce. In tal caso diventerete, all'istante, il loro miglior conoscente, il loro miglior concittadino, il loro migliore "amicone di sempre".
Così funziona la faccenda di questo famoso bicchiere. Riempito, o svuotato di una sua metà...
(2) - Chi mi conosce, ormai lo sa già che anche i migliori salmi vanno sempre a finire in gloria..., ma come si fa a non citare un fax - sì, avete letto bene, un fax - trasmessomi da mio figlio, certo mèmore del titolo di questo libro. Perciò sentite cosa Gabriele, mercoledì 21 ottobre 1998, mi ha riportato a proposito del bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno. L'autore che cita è Altan (ritengo trattarsi del noto disegnatore Francesco Tullio Altan: con quel nome non ne conosco altri) :
"Sono ottimista. Il bicchiere lo vedo mezzo pieno. Di mer...".
... Ma come si fa, come si fa a trascurare questi piccoli capolavori! Scatologici, d'accordo, ma capolavori. Non posso evitare di far godere anche voi che mi leggete di queste minute facezie! Ce n'è tanto poco di spirito sano in giro.
Nota - Io debbo veramente chiedere scusa alle vere signore - ma anche a taluni veri gentiluomini - specie per il quanto mai inopportuno accostamento della parola "salmi" a quell'immondo "prodotto", ma vi assicuro che la cosa è avvenuta del tutto casualmente.
¿Dovrei ora trascurare un "epigramma" che mi ha colpito, fra quelli che si possono leggere qua e là sui muri dei gabinetti pubblici? Eh, no.
Perdonatemi per non volere, e soprattutto poter celare la crudezza, ma non è proprio evitabile il riportarvelo nella sua piena integrità; e così si chiude in bellezza. Alle signore e ai gentiluomini, tanto, avevo già chiesto scusa prima; eppoi certi aspetti di basso costume non li possono nemmeno capire, da come tali argomenti sono al di sotto del loro nobile pensare e dell'integerrimo agire: il testo dovrei addirittura spiegarglielo, ma... sorvoliamo:
Chi col dito il c... si netta
poscia in bocca se lo metta
resterà così pulito
carta, muro, c... e dito!
Se non fosse per il salvataggio in corner offertomi da Bob Dylan (nato nel 1941 come Robert Allen Zimmerman), a questo punto c'è chi può pensare che davvero il vostro autore abbia toccato il fondo...
- Del bicchiere, mezzo vuoto, o mezzo pieno che sia? - Qualcuno potrebbe chiedermi.
Macché. Il vostro autore, ossia io dovrò sprofondare ancora più giù, perché proprio di un'altra vera bassezza si tratta: è un'appendice, quella che aggiungerò, che non saprei nemmeno io come doverla giudicare. Ormai, però, già che sono alla pezza, tanto vale ritagliarne l'ultima sconcezza, promettendovi che non sarà così all'infinito: mi riprometto, anzi, di parlarvi soprattutto di cose serie.
Ah già, dimenticavo Dylan, il quale così ricorda ai frequentatori di sappiamo già cosa: "Attenzione ai muri del bagno che non hanno scritte".
Ma c'è di più, se non certo di meglio. Come si fa a non riportarvi un concetto così profondo e recondito, che, fra l'altro, ci perviene direttamente dal lontano Oriente (così almeno m'hanno assicurato).
Ecco il "concetto" :
"Se vai a letto col c... che prude, ti risvegli col dito che puzza!" (Proverbio cinese).
- d'accordo, ormai ch'è andata, per quello che tu hai definito "concetto recondito e profondo" ; però ora basta. Che schifo!
State tranquilli, amici, come poco prima intendevo dire, volterò pagina, e sarà per davvero un voltar pagina.
Parola!
- Bum!
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