D. Bisconti
Ogni sera indosso il vestito più bello e vado in scena, ormai non so più tracciare una linea di confine tra quella che posso definire vita reale e il palcoscenico, non ho deciso nulla, è sempre lui che ha deciso per me, lo spettacolo, la teatralità, la finzione, il trucco, la mimica, ci sono nato. Certi giorni mi sento folle e il mondo intorno a me applaude alla mia follia, nella mia realtà è un pregio. Vedo ombre cadere, stanche anch’esse d’essere sbattute a terra da parole piccole e instabili come birilli allineati. Cartellini timbrati con i denti, qui scimmie e persone combattono per la sopravvivenza, il cielo alabastro è un tappeto rosso, non distinguo più se sia una tenda o se il mondo sia ormai dipinto da questi colori, attendo solo il passaggio della regina di cera, che con la sua coppa dorata saluta il pubblico e pone fine allo show, io la guardo ma in realtà non la vedo, immagino ormai il mio siparietto personale con cui mi trastullo per uccidere la routine, la vedo con quel bicchiere di fantacoca che beve dal buco del culo dell’elefante più grosso, si ubriaca di disperazione e inveisce contro il pubblico pagante. Fine della serata. Gli ultimi inchini e poi il buio. Quando torno nei camerini e tolgo il trucco che circonda la bocca e gli occhi, la vita mi riconosce così, senza veli. E’ lei che decide per me, è sempre stato così, io non posso fare altro che star qui a dirvi cose vecchie con un vestito nuovo.