Tutti hanno lo stesso difetto: aspettano di vivere, giacché non hanno il coraggio di ogni istante.
Composta venerdì 18 gennaio 2013
Tutti hanno lo stesso difetto: aspettano di vivere, giacché non hanno il coraggio di ogni istante.
Appena adolescente, la prospettiva della morte mi gettava nell'angoscia; per sfuggirvi mi precipitavo al bordello o invocavo gli angeli. Ma, con l'età, ci si abitua ai propri terrori, non si fa più niente per liberarsene, ci si imborghesisce nell'Abisso. – E se ci fu un tempo in cui invidiavo quei monaci egiziani che scavavano le loro tombe per versarvi lacrime, oggi scaverei la mia per non lasciarvi cadere altro che cicche.
Ci sono due modi di sentire la solitudine: sentirsi soli al mondo o avvertire la solitudine del mondo.
Vivo perché le montagne non sanno ridere né i vermi cantare.
Soltanto il paradiso o il mare potrebbero farmi rinunciare alla musica.
Per quasi tutte le nostre scoperte siamo debitori alle nostre violenze, all'esacerbarsi del nostro squilibrio.
La differenza fra il teorico della fede e il credente è grande quanto quella fra lo psichiatra e il matto.
Il silenzio è insostenibile. È più facile rinunciare al pane che al verbo. Il moto dello spirito esige parole in massa, senza le quali, avvolto su se stesso, rimugina la sua impotenza. Disgraziatamente l'eloquio scivola nello sproloquio. Anche il pensiero vi tende, sempre pronto a espandersi, a gonfiarsi. Arrestarlo con l'acredine, contrarlo nell'aforisma o nella battuta, significa opporsi alla sua espansione, al suo movimento naturale, al suo slancio verso la prolissità o la dilatazione. Da qui i sistemi, da qui la filosofia, da qui la letteratura.
Per paura di essere uno qualsiasi, ho finito col non essere niente.
Aver commesso tutti i crimini, tranne quello di essere padre.