Scrittore, giornalista, drammaturgo, poeta e critico letterario, nato giovedì 16 novembre 1922 a Azinhaga, Ribatejo (Portogallo), morto venerdì 18 giugno 2010 a Tias, Isole Canarie (Spagna)
È quasi sempre così, un uomo si tormenta, si preoccupa, teme il peggio, crede che li mondo gli chiederà un rendiconto completo, e il mondo è già avanti, a pensare ad altri fatti.
La solitudine non è vivere da soli, la solitudine è il non essere capaci di fare compagnia a qualcuno o a qualcosa che sta dentro di noi, la solitudine non è un albero in mezzo a una pianura dove ci sia solo lui, è la distanza tra la linfa profonda e la corteccia, tra la foglia e la radice.
Dovrebbe bastar questo, dire di uno come si chiama e aspettare il resto della vita per sapere chi è, se mai lo sapremo, poiché essere non significa essere stato, essere stato non significa sarà.
È un difetto comune di dire più facilmente quello che credono che gli altri vogliano sentire, piuttosto che attenersi alla verità. Tuttavia, purché gli uomini possano attenersi alla verità, dovranno prima conoscere gli errori e poi commetterli.
Il soldato è come chi dalla morte non vede altro modo di allontanarsi, sapendo comunque che se la ritroverà davanti una e tante volte e non volendo credere che la vita debba essere nient'altro che una serie transitoria di rinvii.
Tutti noi soffriamo di una malattia, di una malattia di base, per così dire, che è inseparabile da ciò che siamo e che, in un certo modo, fa ciò che siamo, se anzi non è più esatto dire che ciascuno di noi è la propria malattia, per causa sua siamo così poco, così come per causa sua riusciamo a essere tanto.
Anche dentro il corpo la tenebra è profonda, e tuttavia il sangue arriva al cuore, il cervello è cieco e può vedere, è sordo e sente, non ha mani e afferra, l'uomo è chiaro, è il labirinto di se stesso.
Come tutti i figli degli uomini, il figlio di Giuseppe e Maria nacque sporco del sangue di sua madre, vischioso delle sue mucosità e soffrendo in silenzio.