Come gocce di rugiada trattenute dal freddo di un mattino d'autunno, come sorrisi dipinti da pittori scomparsi, come specchi smeraldo del mio animo in fiamme.
Tenue fuggevolezza di un'alba. Fuoco appassionato di un tramonto.
Il pensiero fine a se stesso appartiene ai deboli. Non c'è soddisfazione che nell'atto.
Dimostra qualcosa, e verrai accettato. Sorridi all'interno del tuo Io, e non avrai una sola possibilità.
I Bambini e i Sognatori: gli esclusi, i commiserati.
Dei della Filosofia, accoglieteci nelle vostre benevole braccia! E insieme, come vecchi amici, brinderemo alla nobile arte, facendoci beffe di una esistenza insensata e autodistruttiva.
Credo di aver finalmente scoperto quale sia l'arte nella quale eccelle il genere umano.
L'arte del Pregiudizio.
Chiunque, anche colui che si definisca illuminato, non può esentarsi dall'elargire a se stesso, ogni giorno, almeno un piccoo pregiudizio. È come una droga. È come affermare "Dopotutto, sono migliore di te".
Uno stile di sopravvivenza psichica.
"Mors tua, vita mea": e ingrossare le fila della miseria umana.
Quando immobile sulla riva dell'oceano ti sovrasta l'impeto dell'uragano e il fragore delle onde frantuma il più sciocco barlume di lucidità... Quando immerso nella pace sovrana della foresta i tuoi sensi si acquietano e come corpo morto ti fondi nel verde e nel blu... Quando marciando nell'alba invernale la gelida neve ricorda fantasie di bambino e calde fragranze di un natalizio convivio...
In quei fulgidi istanti, fermati a pensare.
E inchinati, uomo, alla magnificenza della Natura.
Ho udito un uomo parlare nella bruma: "L'amore è come l'alcool: troppo, dà alla testa."
Mi sono voltato, e ho visto un essere chino, esalante respiri strozzati e incapace di distinguere tra realtà e incubo, prostrato sull'asfalto, esalante miasmi alcoolici a buon mercato. Nel suo sguardo, dolore e raccapriccio.
E capii quanto quell'uomo si sbagliasse.
Non temere il troppo amore: ama te stesso all'infinito, e forse non ti ridurrai a cercare scampo in un delirio senza vergogna.
Quando sentii il suo pianto, lacrime di gioia scivolarono lente dai miei occhi bagnati. Quando la vidi, essere minuscolo, così indifeso, appoggiare il capo sul seno di mia moglie, si schiusero le porte dell'infinito. Mia figlia. Un corpicino inerme, nient'altro che un gracile folletto colmo di desiderio. Era Amore infuso in me. Quel giorno, provai l'ebbrezza dell'eternità.
Medico, davanti a te un pluriomicida, un assassino di infanti, un sadico maniaco che ha spezzato e violato all'infinito l'intimità di giovani fanciulle assetate di vita.
Una di queste era tua figlia.
Ferito a morte. In strada. Nel buio. Tu solo puoi salvarlo. Faccia a faccia. Ti guarda con occhi carichi di paura. Nessuno ti vede. Nessuno sa chi sei.
Che ne sarà, allora, in quel momento, del giuramento? Presterai fede alle parole di Ippocrate? A te la scelta.
L'essere non è mai privo di rischi: il solo fatto di vivere, respirare, è fonte pressoché infinita di guai. "Non essere, questa è la soluzione... " diceva qualcuno. Liberarsi del proprio Io. Ditelo a quelli che hanno perso un amico, un amante. E vi troverete coperti di ingiurie. Perché cento volte meglio è struggersi nel ricordo di cose perdute che non averle mai provate. Esisti! E rendi degno di questo nome il miracolo della vita!