Scritta da: NadAlly Paddy 1993
Quel che ho fatto, l'ho fatto pensando a te e alla tua stupidità. Perdevi la testa, tu, tenevi il piacere di un istante come la cosa principale e al futuro manco ci pensavi.Commenta
Quel che ho fatto, l'ho fatto pensando a te e alla tua stupidità. Perdevi la testa, tu, tenevi il piacere di un istante come la cosa principale e al futuro manco ci pensavi.Commenta
Gli ci volle qualche minuto per ricordarsi chi e cosa era, ché riemergere da sé stessi è tanto più difficile quanto più si è profondi.
Il diavolo sta nei dettagli.
Sapevo già tutto, chi ama sa sempre tutto, ma avevo fatto finta di nulla, perché se ami sei anche capace di ingoiare i rospi. Perché io ti amo davvero.Commenta
Quando mi chiedono chi è il mio migliore amico non so rispondere perché non sono abituato a fare classifiche. Di nessun amico dico che è "il migliore". Il migliore amico è una specie di angelo custode. È uno che ti rassicura dicendoti: "Non ti preoccupare", quando invece dovresti preoccupati eccome. Lo immagino come uno che, se ti vede entusiasta di qualcosa che però vale poco, è capace di essere sincero e dirti la verità. E poi è uno che, se ti critica, lo fa solo quando sei presente, se non ci sei non ti attacca, nemmeno per ridere.Commenta
L'amicizia, secondo me, è innanzitutto una questione di scelta. Tu sei incuriosito da un particolare osservato in una persona e quindi scegli di averla al tuo fianco, di condividere delle esperienze con lei.Commenta
Le pareva di avere delle spine nei polmoni, e, curiosamente, le venne da pensare che Avram avrebbe potuto sfilargliele con delicatezza, a una a una.
Sei la mia luce, la mia estate senza fine
sei un biglietto d'amore
consumato, amato e riletto infinite volte.
Ad un certo punto della mia vita ho fatto dei calcoli precisi: che se io esco di casa per trovare la compagnia di una persona intelligente, di una persona onesta, mi trovo ad affrontare, in media, il rischio di incontrare dodici ladri e sette imbecilli che stanno lì, pronti a comunicarmi le loro opinioni sull'umanità, sul governo, sull'amministrazione municipale, su Moravia.
La guardai. La guardai. Ed ebbi la consapevolezza, chiara come quella di dover morire, di amarla più di qualsiasi cosa avessi mai visto o potuto immaginare. Di lei restava soltanto l'eco di foglie morte della ninfetta che avevo conosciuto. Ma io l'amavo, questa Lolita pallida e contaminata, gravida del figlio di un altro. Poteva anche sbiadire e avvizzire, non mi importava. Anche così sarei impazzito di tenerezza alla sola vista del suo caro viso.