Scritta da: Edoardo Grimoldi
in Frasi & Aforismi (Amore)
Anche la bestia più feroce conosce un minimo di pietà. Ma io non ne conosco, perciò non sono una bestia.
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Anche la bestia più feroce conosce un minimo di pietà. Ma io non ne conosco, perciò non sono una bestia.
A voi giovani ancora un pensiero. Solo quanto amate l'Ambiente, quanto vi adoperate per salvaguardarlo. Cercate di vivere in armonia con i ritmi della Natura. Fa bene. Ci si sente più forti, si può dare il meglio di noi stessi. Provate qualche volta – già molti di voi lo fanno – ad alzarvi all'alba, a vivere il miracolo quotidiano del risveglio della Natura.
La miglior filosofia consiste nel giudicare il mondo conciliando un gaio sarcasmo con un disprezzo indulgente.
L'unica cosa immutabile della natura umana, è la sua mutevolezza.
Acquistiamo il diritto di criticare severamente una persona solo quando siamo riusciti a convincerla del nostro affetto e della lealtà del nostro giudizio, e quando siamo sicuri di non rimanere assolutamente irritati se il nostro giudizio non viene accettato o rispettato. In altre parole, per poter criticare, si dovrebbe avere un'amorevole capacità, una chiara intuizione e un'assoluta tolleranza.
Una parola efficace è una parola che sboccia dal silenzio. Una parola che porta frutto è una parola che sgorga dal silenzio ritornando ad essa.
Il nostro tempo è limitato, per cui non lo dobbiamo sprecare vivendo la vita di qualcun altro. Non facciamoci intrappolare dai dogmi, che vuol dire vivere seguendo i risultati del pensiero di altre persone. Non lasciamo che il rumore delle opinioni altrui offuschi la nostra voce interiore. E, cosa più importante di tutte, dobbiamo avere il coraggio di seguire il nostro cuore e la nostra intuizione. In qualche modo, essi sanno che cosa vogliamo realmente diventare. Tutto il resto è secondario.
Per aspera ad astra.
Attraverso le asperità, alle stelle.
L'ipocrisia è un compito ventiquattr'ore su ventiquattro.
A Cloe, grande città, le persone che passano per le vie non si conoscono. Al vedersi immaginano mille cose l'uno dell'altro, gli incontri che potrebbero avvenire tra loro, le conversazioni, le sorprese, le carezze, i morsi. Ma nessuno saluta nessuno, gli sguardi s'incrociano per un secondo e poi sfuggono, cercando altri sguardi, non si fermano.
Passa una ragazza che fa girare un parasole appoggiato alla spalla, e anche un poco il tondo delle anche. Passa una signora nerovestita che dimostra tutti i suoi anni, con gli occhi inquieti sotto il velo e le labbra tremanti. Passa un gigante tatuato; un uomo giovane coi capelli bianchi; una nana; due gemele vestite di corallo. Qualcosa corre tra loro, uno scambiarsi di sguardi come linee che collegano una figura all'altra e disegnano frecce, stelle, triangoli finché tutte le combinazioni in un attimo sono esaurite, e altri personaggi entrano in scena: un cieco con un ghepardo alla catena, una cortigiana col ventaglio a piume di struzzo, un efebo, una donna-cannone. Così tra chi per caso si trova insieme a ripararsi dalla pioggia sotto il portico, o si accalca sotto un tendone del bazar, o sosta ad ascoltare la banda in piazza, si consumano incontri, seduzioni, amplessi, orge, senza che ci si sfiori con un dito, quasi senza alzare gli occhi.
Una vibrazione lussuriosa muove continuamente Cloe, la più casta delle città. Se gli uomini e donne cominciassero a vivere i loro effimeri sogni, ogni fantasma diventerebbe una persona con cui cominciare una storia d'inseguimenti, di finzioni, di malintesi, d'urti, di oppressioni, e la giostra delle fantasie si fermerebbe.