Scritta da: Mariella Buscemi
Somiglio ad urla di fiori che dalle mie distese svettano nelle ore lunari. Poi, le albe sono falci e tranciano di netto lo sporco.
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Somiglio ad urla di fiori che dalle mie distese svettano nelle ore lunari. Poi, le albe sono falci e tranciano di netto lo sporco.
Non è partire, è fuggire con la valigia disordinata, un aereo al posto delle scarpe ed i chilometri nella testa.
Certi tormenti hanno il vezzo del risultare eleganti; sta lì l'esercizio perfido della loro condanna.
Mi macina la furia di certe mie notti che colano da un cielo a coprire anche gli astri e non lasciare visione alcuna, se non una mano tesa che cerca di farsi strada. Le ciglia paiono spago e le lacrime, aghi. Un'impuntura inversa che mi lascia scucita anziché intessuta. Senza orlo, sfilata.
C'è un pensiero che mi chiede, timido, il permesso d'entrare. Non sa che tutto, in me, ha la sua forma e che se gli parlassi, parlerei con la sua voce, e a sentirsi, prenderebbe a tremare. A sentirlo, prenderei a tremare io.
Quando non si ha più nulla si va al mercato del dolore a rubare le mele del disincanto per la fame.
Si scappi dalla mia profonda solitudine, ché il timore è che appesti chi mi posa una mano addosso, e si rifugga la mia poesia che porta ogni mia cellula a sanguinare, ed i rivoli fluiscano sotto ai piedi ed inondino i passi di chi s'avvicina. Scappo da chi mi allontana, ché il suo terrore non fa parte dei miei erotici giochi e da nessun dito mi farei tracciare iniziali sulla pelle, ma resterei firma anonima per anonimi occhi che s'apprestano, maldestri, a leggere testi incomprensibili.
Ho l'orrore del vacante dentro agli occhi ed artigli di ciglia, così che s'avverta la vertigine del precipizio e la presa di ciò che ghermisce, ferendo, desiderando. E non lascia andare. I voli senz'ali sanno di altitudini che dilatano, ogni parte, a dismisura.
Mi penetri nei tuoi occhi. Ritorno a guardarti con la vista di una vita fa.
Chi muore fa finta di non vedersi. Chi non muore, s'acceca. Chi vive, s'unisce gli sguardi.
Ho uno sguardo che si volge sempre indietro quando gli occhi non mi reggono e le pupille tremano difronte alle visioni distorte. I miei occhi non hanno coraggio, si perdono nell'immaginario e negano il reale. Vecchi e cedenti, sulle stampelle del ricordo, zoppicano tra gli incastri della memoria e riposano all'ombra delle fronde del nostalgico, bagnati dalla pioggia del non vissuto.