Scritta da: Carmen P.
in Frasi & Aforismi (Libri)
Tutto è racconto, Martìn. Quello che crediamo, quello che conosciamo, quello che ricordiamo e perfino quello che sognamo.
dal libro "Il gioco dell'angelo" di Carlos Ruiz Zafón
Tutto è racconto, Martìn. Quello che crediamo, quello che conosciamo, quello che ricordiamo e perfino quello che sognamo.
Col tempo, la solitudine ti si intrufola dentro e non se ne va più.
L'invidia è la religione dei mediocri. Li consola, risponde alle inquietudini che li divorano e, in ultima istanza, imputridisce le loro anime e consente di giustificare la loro grettezza e la loro avidità fino a credere che siano virtù e che le porte del cielo si spalancheranno solo per gli infelici come loro, che attraversano la vita senza lasciare altra traccia se non i loro sleali tentativi di sminuire gli altri e di escludere, e se possibile distruggere, chi, per il semplice fatto di esistere e di essere ciò che è, mette in risalto la loro povertà di spirito, di mente e di fegato.
"Sai qual è il bello dei cuori infranti?" Domandò la bibliotecaria.
Scossi la testa.
"Che possono rompersi davvero soltanto una volta. Il resto sono graffi."
Entrai nella libreria e aspirai quel profumo di carta e magia che inspiegabilmente a nessuno era ancora venuto in mente di imbottigliare.
Forse per questo tutti lo prendevano per ateo, ma lui era un uomo di fede. Credeva nei suoi amici, nella verità delle cose e in qualcosa a cui non osava dare un nome e un volto perché diceva che per far questo c'eravamo noi preti. Il Signor Sempere credeva che tutti facciamo parte di qualcosa, e che, lasciando questo mondo, i nostri ricordi e i nostri desideri non vanno perduti, ma diventano i ricordi e i desideri di chi prende il nostro posto. Non sapeva se avevamo creato Dio a nostra immagine e somiglianza, o se lui aveva creato noi senza sapere bene quello che faceva. Credeva che Dio, o chiunque ci abbia messo qui, vive in ciascuna delle nostre azioni, in ciascuna delle nostre parole, e si manifesta in tutto ciò che ci fa essere qualcosa di più che semplici statue di fango...
La vita o si vive o si scrive, io non l'ho mai vissuta, se non scrivendola.
Or che cos'ero io se non un uomo inventato?
Un uomo apparve all'angolo della strada che il gatto aveva tenuto d'occhio; ma apparve così all'improvviso e silenziosamente che si sarebbe detto fosse spuntato da sotto terra. La coda del gatto ebbe un guizzo e gli occhi divennero due fessure: in Privet Drive non si era mai visto niente di simile. Era alto, magro e molto vecchio, a giudicare dall'argento dei capelli e della barba, talmente lunghi che li teneva infilati nella cintura. Indossava abiti lunghi, un mantello color porpora che strusciavano per terra e stivali dai tacchi alti con le fibbie. Dietro gli occhiali a mezzaluna aveva due occhi di un azzurro chiaro, luminosi e scintillanti, e il naso era molto lungo e ricurvo, come se fosse stato rotto almeno due volte. L'uomo si chiamava Albus Silente.
[...] Ma da quel momento Hermione Granger divenne loro amica. È impossibile condividere certe avventure senza finire col fare amicizia, e mettere ko un mostro di montagna alto quattro metri è fra quelle.