Scritta da: Michele Gentile
Se un frutto acerbo vale tutte le tue follie e nostro Padre ancora non ha perdonato neppure il pianto di un bambino eviterà la sconfitta.
Composta mercoledì 2 gennaio 2013
Se un frutto acerbo vale tutte le tue follie e nostro Padre ancora non ha perdonato neppure il pianto di un bambino eviterà la sconfitta.
Canta al sole la tua solitudine, chiamalo nelle nebbie. Convincerà la notte a lasciarti passare.
Un barbaglio anche lontano eco di carezze, tepore di promesse. Almeno una stella, Padre il riflesso di un tuo sorriso!
Sole, come anime senza Dio come fortezze senza torri. Il mio nome si consuma nell'oblio né amore né dolore solo
lo stesso infinito, inutile cammino.
Minaccio di vivere, ed è questo che atterrisce i miei demoni.
Notte, una di quelle che non danno scampo, sinistra sinfonia di rumori e timori ancestrali.
Un sudario di nubi basse e vermiglie avanzava implacabile dalle cime dell'orizzonte, si apprestava lento a nascondere le stelle del cielo mentre il chiarore della luna colava sulle sponde del lago e poteva ancora scivolarne sopra le acque immobili come argento fuso. Un vento freddo e straniero sussurrava promesse di tempesta...
Siamo qui per stringerci, abbracciarci ritrovarci chissà dove insieme!
Forse è destino che i tuoi tredici anni siano solo sudici panni, o forse è quel Dio di cui senti parlare che non ha messo il tuo nome tra le cose da fare.
Nella vita i veri campioni sono quelli che non vincono mai.
Io, che non conosco inverni e giaccio in bilico tra l'eternità ed un rintocco di campane, sono e sarò croce o pace, il Tempo giusto, magnifico rapace.