Scritta da: Upi
in Frasi & Aforismi (Libri)
Non sai di quante allusioni a te sia pieno il mondo.
dal libro "Che tu sia per me il coltello" di David Grossman
Non sai di quante allusioni a te sia pieno il mondo.
No, non temo l'estraneità che c'è fra noi, al contrario – ovvio che è il contrario. Dimmi cosa c'è di più bello ed entusiasmante della possibilità di dare qualcosa che ti è molto caro, quello che hai di più caro – un segreto o una debolezza, o una richiesta assurda come la mia – a una persona totalmente estranea (volutamente estranea!). Di metterlo nelle sue mani mentre io mi tormento per la vergogna e l'imbarazzo di essermi lasciato tentare da un'illusione così meschina, e aver sentito dentro di me questo desiderio di elemosinare.
Non avevo mai immaginato che conoscere il linguaggio di un estraneo potesse essere eccitante come il primo contatto con il suo corpo, il suo profumo, la sua pelle, i capelli e i nei.
E com'è possibile che chi ha osato esprimere un desiderio così grande alla vita provi anche tanta paura nei suoi confronti?
È stupido cercare di spiegare (e tuttavia non riesco a smettere), ma è sempre così per me. In qualche punto, molto vicino, si accumula qualcosa – o qualcuno – che implora di esplodere, soffocherà non trovando uno sfogo e, anche se non mi è assolutamente chiaro cosa – o chi – sia, capisco perfettamente il suo bisogno di erompere, sento chiaramente il suo grido soffocato.
Cosa augurarti? A dire il vero, dovrei augurarti te stessa, perché tu sei il regalo più prezioso, più raro a cui possa pensare. Vorrei essere più coraggioso, per te.
"Eccomi qui, davanti a te" hai scritto.
Si.
Sai, a volte sono un po' lento a capire. A una prima lettura ho pensato che mi stessi offrendo i tuoi abiti per nascondere la mia nudità. Ma un'idea del genere non ti si addice, al contrario. Poi mi è sembrato un gesto di seduzione, originale, bizzarro, un po' ridicolo, e goffo: uno strip-tease verbale. E a poco a poco il tono della tua voce è cambiato.
Ecco una nudità, dici (o perlomeno, così lo interpreto ora), che non è come un coltello e non è come una ferita. Una nudità svelata e vulnerabile, un po' imbarazzata e pietosa. Esattamente come la tua. Guarda, dici, è un po' timorosa e cerca di celare i suoi difetti con tanti piccoli trucchi, a cui però è disposta a rinunciare, per chi vorrà guardarla con occhi indulgenti.
E fa uso di abiti (dici così?), di camicie, vestiti, reggiseni, cinture, così come gli esseri umani usano le parole, le "loro". Ma tu vieni, tocca, senti; è una nudità che può anche guarire.
Ho letto una volta che gli antichi saggi credevano che nel corpo ci fosse un ossicino minuscolo, indistruttibile, posto all'estremità della spina dorsale. Si chiama luz in ebraico, e non si decompone dopo la morte né brucia nel fuoco. Da lì, da quell'ossicino, l'uomo verrà ricreato al momento della resurrezione dei morti. Così per un certo periodo ho fatto un piccolo gioco: cercavo di indovinare quale fosse il luz delle persone che conoscevo. Voglio dire, quale fosse l'ultima cosa che sarebbe rimasta di loro, impossibile da distruggere e dalla quale sarebbero stati ricreati. Ovviamente ho cercato anche il mio, ma nessuna parte soddisfaceva tutte le condizioni. Allora ho smesso di cercarlo. L'ho dichiarato disperso finché l'ho visto nel cortile della scuola. Subito quell'idea si è risvegliata in me e con lei è sorto il pensiero, folle e dolce, che forse il mio luz non si trova dentro di me, bensì in un'altra persona.
A volte pensavo addirittura che magari quella mia differenza dagli altri potesse essere causata anche da un errore strutturale. Cioè, magari eravamo proprio diversi dentro. Come percezione. Facevo dei viaggi mentali pensando che magari quello che chiamavo verde per loro era giallo. Che magari il sapore che sentivo nel mangiare la pasta loro lo provavano gustando il pesce. Ecco perché a qualcuno piace una cosa e a qualcun altro un'altra. Semplicemente perché persone diverse sentono sapori diversi. Quindi, magari quando uno dice, mi piace il pesce, e un altro dice, mi piace la pasta, in realtà stanno parlando dello stesso sapore. Una volta mi sono intrippato pensando che nulla sa di nulla finché non c'è un incontro. Che la mela non abbia sapore finché non si incontra con una bocca che la morde. Dall'incontro tra la mela e la bocca nasce il sapore e quindi ognuno di noi nella propria vita crea sapori diversi... Come i profumi che cambiano in base alla pelle. Tutto è neutro. Sei tu che dai il sapore alle cose, incontrandole.
Crescendo, invece, mi sono convinto sempre di più, e non so su quali basi, che nella vita ci sia un solo vero grande amore. Che esiste un principe azzurro per le donne e una principessa per gli uomini. L'anima gemella. E che gli altri alla fine siano soltanto comparse. Ero tutto contento all'idea che per una donna al mondo io ero il principe azzurro. Magari un coglione per il resto dell'universo femminile, magari insignificante, brutto, poco affascinante, magari con me Cenerentola sarebbe andata a casa alle dieci, dieci un quarto al massimo, Biancaneve dopo il mio bacio avrebbe fatto finta di morire nuovamente, ma per una... fatevi largo, io ero il principe azzurro. Il più bello, il più affascinante, il più interessante. Non è meraviglioso sapere che per una persona che per una persona al mondo tu sia "il più"? Non è incredibile tutto questo? Non da un senso di responsabilità? A me questa cosa è sempre piaciuta.