Preparo le mie parole con l'olio perché scivolino lente. Si separano le gole dove i significati diventano scomodi. Mi ammacco sulle comprensioni che mi ha dato il tempo e che mi conduce sempre dove non dovrebbe. Lontana da ieri, lontana da qui. Credo a poche cose, riassumibili in una manciata di profumi che passano sotto al naso o di immagini che catturano fugacemente l'attenzione e portano a far scattare la testa una seconda volta per accertarmi se quel che ho visto sia vero o frutto di ciò che vorrei fosse. Sei. Saresti stato. Sagome. Contorni senza contenuti. Questi giorni non appartengono agli anni e fuggono dalle stagioni, non tengono in conto i durante e io vorrei vivere dei mentre tra gli spazi, incuneata a malapena. Riflessi che nulla tolgono alle immagini, ma le fanno appartenere ancor più. La luce che vi passa in mezzo lo sa. L'ombra subisce. Gli occhi si sbriciolano e le mani anticipano i passi per scoprire l'ostacolo prima dell'inciampo. Mi vivo in prima persona, in una coniugazione errata e dalla declinazione imprecisa. A mutare è la radice. Anche le origini mi hanno tradita.
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