Scritto da: Mariella Buscemi
Resterò a venti fermate e sibilerò un addio al fischiare del treno che riparte. In modo che non si senta. Anche il cielo ha trasfigurato il suo volto per farsi subito buio. È subito notte sui giorni tristi. Non s'è mai vista alba. Echi di parole andate che viaggiano sulle rotaie allineate, rimanendo sempre un passo indietro, per essere più facilmente investiti. Morti ammazzati sui binari d'una memoria di ferro che devia il percorso per ritrovarsi sempre allo stesso punto. Il cartello del tuo buongiorno a chilometri di distanza. Mi fisso sui contrasti del mondo che scorre. Velocità e vertigine come i pensieri nelle viscere. Contro-verso. In assenza di fiato. Questa partenza mi dà un comando violento. Mi sfratta. Me ne resto ferma per un po', alla stazione dei rientri e delle solitudini a guardare quelli che s'affaccendano a vivere per contrastare meglio l'inettitudine. Si muovono disordinatamente, ché fermarsi induce a pensare. I miei occhi sono specchi che riproducono riflessi di sguardi vicini. Chi è lontano non ha visione.

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