Non voglio spiegare l'inspiegabile, il pugno al centro dello stomaco o i buongiorno malati. Nella complessità di certi miei pensieri, uso logiche disarmanti, ma ci si ferma davanti alla verità. Si teme sempre, la verità. La possibilità soffoca. La probabilità agita. Quando s'imboccano mille direzioni, ma si tiene fissa la meta. Scendo in un abisso per volta, attraverso scale a pioli traballanti, i miei piedi ne sanno qualcosa, dell'incerto e del passo falso, della caduta e dell'andamento a tentoni. Non si guarisce dalle discese e si patiscono le cadute. Non ci si rassegna alla ripresa e rialzarsi è sfidare il centro della paura. Rialzarsi non è coraggio, ma accanimento. Regalerei sogni e dimenticherei la notte. Anche il sonno. È già successo. Succede. I giorni tardano a finire, ma il buio è sempre troppo denso. I paradossi del tempo sono archiviati in futuri retrospettivi, rendendomi conto che il passato poteva essere fin troppo prospettico. Il tutto mi abbonda tra le mani, presto non saranno più possibili nemmeno gli abbracci. Si morrà d'inconsistenza se privati degli abbracci. Tra le cose incompiute ci sei tu. L'essenziale e il superfluo si confondono appoggiati alla schiera dei bisogni e questi fanno parete senza sostegno in case incoscienti dove sorgono prima i tetti volanti e dopo le fondamenta. Ho ridotto anche il respiro e la riduzione è l'unica cosa che ancora possiedo.
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