Non ho lezioni da farti o ordini da impartirti non ho manette per legarti o corde per tenerti a bada non ho segugi da aizzarti contro o spie per accecare la tua libertà non ho pregiudizi beffardi e non ho giudizi a sfinimento ma ho Te e ho la forza di insegnarti il coraggio con le mie paure.
Attraverso il cuore senza petto il coraggio senza fegato lo sguardo senza occhi e mi soffermo e ricordo la scia delle spighe di grano il sudore nei solchi dell'orto le parole posate sotto il castagno le tarantelle improvvisate sotto la chioma di ghiande raccolte come perle dorate da cibarne i porci e partenze improvvise verso miniere senza tempo senza luce a volte pure senza ossigeno. E rinviene quel berretto di dignità adagiato su una testa arsa dalla fatica alleviata da un pentolino su un fuoco da campeggio accampati in terra d'altri pur di inviare Amore a Casa Casa come miraggio a rimirar in lacrime d'altri tempi ciò che siamo stati. SENZA DIMENTICARE.
Si affoga in un mare che sia stagno in un lago che sia fiume pur di attraversare la disperazione di una vita maltrattata di un'esistenza violata di una umanità vomitata. Si affoga guardandosi negli occhi stringendosi in un abbraccio dicendosi le ultime parole di coraggio.
Voglio dirti che il tempo non basta mai che è meraviglioso vivere, vivere, e ancora vivere senza dimenticare il fanciullino che ci accompagna sin da piccoli perché non c'è un tempo per diventare grandi ma c'è sempre un tempo per esserci veramente
pure a denti digrignati pure a pugni stretti
perché non è quanto siamo adulti a misurare ciò che siamo ma quanto amore dispensiamo nonostante tutto
- genuinamente e autenticamente -
perché non è vero che si hanno le spalle larghe bensì è vero che si ha
È primavera. La natura radiosa si apre al mondo intero. Sgorgano i colori dai tanti fiori, raggi solari e buoni umori.
Le verdeggianti e intense chiome scolpiscono nel chiaro di un laghetto il loro ritratto gioioso e perfetto. La cavalletta, morbida e leggiadra, si diletta.
L'arcobaleno pittore del sogno è propinatore. La rosa si schiude: al nascituro inneggia.
Arde il crepuscolo: di feconda intensità si ricopre.
Gioiscono le stelle e al calor di madre luna son le più belle.
E ti accompagnerò ai tuoi compleanni e ti regalerò torte di panna perché la dolcezza non finisca perché tutta insista perché tutto esista e ti dirò dei nostri anni senza nasconderti gli affanni attraverso una canzone alla radio a incrociare l'indice e il medio tra lo scherzo e il serio a rincorrere a esser sospinti da passione in un tumulto di sensazione in un'avidità di percezione e ti condurrò fino alla luna e mi racconterai del sole e ci diremo delle nuvole sotto un temporale a bagnarci davvero in un abbraccio che non fa male.
Annaspo tra i tuoi seni virtuosi mentre il tuo sguardo si accorge -mi coglie e mi accoglie- che s'apre un paradiso e sospirano le tue autoreggenti che timida scopri contraendo lentamente il tuo bacino così dolcemente sale la tua gonna a donar bellezza eterna sotto un tavolo discreto che diventa rifugio di desio ambito mentre i tuoi tacchi dettano un ritmo e i tuoi polpacci eseguono melodia. Sei musica. Soavemente.
Tu seduta su un divano e io che ti sfioro la mano mentre fuori esplode un temporale e non c'è rimedio a questo male di sentirsi tristi in giornate fredde come i sassi e noi ci avvolgiamo e noi ci proteggiamo e noi non ci sfuggiamo perché siamo il sole sulla pelle siamo la rugiada sulle labbra siamo il tremolio delle mani siamo scintillio negli occhi siamo fremito di palpiti in momenti attimi di noi perché non c'è pioggia che possa placare la voglia, comunque, d'amare.
Le carni straziate da un tempo senza cuore di guerre di terrore negli occhi spalancati dal dolore. Le mani che tremano alla luce del sole senza trovar umano tepore. Brandelli di tessuto e uno sporco visino: