Il ramo fiorito tra gli interstizi nel turchino respiro la quiete del sole velato di nuovo intravisto Nel giardino in profferta di dono si duplicano, accese e caduche, stelle immortali a grappoli.
Metti in chiaro anche l'ultima nuvola riottosa ad andarsene e sceglila per farmi d'amore Non ho scarpe oggi ma ali fluorescenti di libellula dove mi porterai vige la libertà dei fiori che appartengono all'aria
Rosseggiano d'ignara bellezza boccheggiano al sole il bacio della pioggia - fluttuano col vento nell'abbraccio di un merengue dietro i rombi in diagramma.
Mi chiesero sulle traslucide foglie le tue parole - corolle avvampate -cosa hai fatto tutto questo tempo? - risposi - ti ho aspettato come in un fotogramma...
sorrisero le begonie da mesi fiorite un largo sorriso insolente - sfrondato l'aroma ci venne di pioggia e di terra, sfrontato l'amore ci colse, ci coglie, ne è quasi anagramma.
Lei sul mar baltico lo sognò. Uomo di vento. Acquistò un bracciale in ambra pensando a quanto bello era il sogno. Dissero alcuni, di passaggio: l'ambra è sfacciata gialla rossa elettrica vivace... lei pensò: voglio d'essere d'ambra, gialla, rossa, elettrica vivace. Lei era d'ambra, i capelli, la pelle la gioia, le lacrime. Lui era d'ambra il cuore il viaggio il gesto le parole. Custodi in sé di sfumature, luccichii marini roccia madre, piccoli insetti, farfalle petali di wisteria, ere precedenti, impurità di una purezza infinita. Inclusioni. E infinito fu il vento tra le conifere il mare sulle spine dei pesciolini. E infinito fu l'amore che li attraversò li sommerse. Li cristallizzò. Occhi negli occhi.
Da tempo l'amore mi inseguiva senza prendermi, a mosca cieca in un vestito a balze s'annidava il vento coi suoi sibili di mondi semiperduti.
In un giardino barocco ho sciolto i miei capelli all'ombra di un frassino e nella scollatura della guêpière ho accettato le tue avances come fossero quelle di un re alla conquista di se stesso.
Non ti conosci, non conosci il mondo e ti sfuggo anch'io, farfalla multicolore senza terra e senza patria. Ma tu ricercami ancora e ancora e non avrai un confine se non quello dei miei occhi.
Ho imparato dai gatti il mimetismo calmo e austero, l'autentica ritrosia, l'affetto centellinato e vero, la memore riconoscenza.
Ho imparato l'autonomia -implicita domanda, lo sguardo che seduce -riverbero di un regno di malizie, lo scatto e la scorribanda -estrema saggia irriverenza.
Ho imparato da loro ad entrare ed uscire dalle tenebre, l'attitudine ad emergere da soverchie mischie
per sfolgorare in leziosa beatitudine.
Forgiata nel metallo la mia luce è sempre più prossima all'alba
Arrivai a Cordova che la mattina ancora assonnata dipanava i suoi riccioli d'oro sul letto scuro e caldo del Guadalquivir.
Chiare furono allora le parole "... Cordova lontana e sola..." Più ci si avvicina a Cordova più essa è mai raggiunta
Sfugge nei giochi di luce tra il Ponte Romano e la Sierra Morena, nelle mille prospettive della Mezquita Catedral, nei dedali tortuosi dell'interno dove i patios fioriscono d'ascese e decadenze.
"... Cordoba lejana y sola..." Metafora della meta non intermedia, del luogo non provvisorio. Una bisaccia consunta per raccogliere olive e versi e alla magnificenza forse giungere, infine.
In una piazza del sud, assolata le dissero che era una sirena
un minimo di galanteria in più e un quid in meno di volgarità rispetto al complimento spesso udito nelle sue gelide e nebbiose città.
Ma lei non ci aveva mai badato e - rispondendo al richiamo di libertà - il mare aveva sempre cercato, col fondo amaro quanto la sua pena.
L'ambiguità - sentiva - era la sua natura, l'essere a metà tra la carne e il sogno, lo sfuggire ad ogni catalogazione, farsi una beffa delle reti tese.
Quell'amalgama di voluttà e cura, di responsabilità e affermazione, che la rendeva e la rese un ponte vivo per l'eternità
perché non solo la donna è vita ma la Vita è Donna, e ognuna ha in sé dolore, piacere e - non percepita-
la malia silente della nascosta misteriosa altra faccia della luna.