Pubblicata il 23 ottobre 2005 Per favore, non rubatemi la mia serenità. E la gioia che nessun tempio ti contiene, o nessuna chiesa t'incatena: Cristo sparpagliato per tutta la terra, Dio vestito di umanità: Cristo sei nell'ultimo di tutti come nel più vero tabernacolo: Cristo dei pubblicani, delle osterie dei postriboli, il tuo nome è colui che-fiorisce-sotto-il-sole. Vota la poesia: Commenta Pubblicata il 23 ottobre 2005 Perdona le chiese, i preti prima fra tutti: dei filosofi non cancellare il nome dalla tua anagrafe. Vota la poesia: Commenta
Pubblicata il 23 ottobre 2005 E i torturati in grumi neri inutilmente urlano. Vota la poesia: Commenta Pubblicata il 23 ottobre 2005 Tutto deve ancora avvenire nella pienezza: storia è profezia sempre imperfetta. Guerra è appena il male in superficie il grande Male è prima, il grande Male è Amore-del-nulla. Vota la poesia: Commenta Pubblicata il 23 ottobre 2005 Mio papa, padre del mondo, Giovanni, ho visto le tue parole frangersi sulle gemme delle mitrie come luce dei fari sul prisma dei paracarri: Hitler e la Gestapo sono eterni, ora le vedo quelle tue parole gemme sull'arena. Vota la poesia: Commenta Pubblicata il 23 ottobre 2005 Torniamo ai giorni del rischio, quando tu salutavi a sera senza essere certo mai di rivedere l'amico al mattino. E i passi della ronda nazista dal selciato ti facevano eco dentro il cervello, nel nero silenzio della notte. Torniamo a sperare come primavera torna ogni anno a fiorire. E i bimbi nascano ancora, profezia e segno che Dio non s'è pentito. Torniamo a credere pur se le voci dai pergami persuadono a fatica e altro vento spira di più raffinata barbarie. Torniamo all'amore, pur se anche del familiare il dubbio ti morde, e solitudine pare invalicabile. Vota la poesia: Commenta Pubblicata il 23 ottobre 2005 Era aperta solo al tuo occhio quella Notte oscura: e dunque perché non li uccidesti avanti che uccidessero? I grandi deliravano In parate e uniformi E noi non capivamo. Aquile e svàstiche e canti di morte salmi e canti e benedizioni di reggimenti col teschio sui berretti neri sulle camice nere sui gagliardetti neri... E discorsi fin o all'urlo accanito delle folle d'Europa, della saggia e civilissima e cristiana Europa. Così abbiamo tutti cantato almeno una volta i canti della morte. L'inizio è sempre uguale: "Nostra è la Ragione"! E poi, l'esaltazione degli eroi. Poi le medaglie e le corone e i monumenti e i momenti del silenzio all'Altare della Patria. Dio, cosa costano gli eroi! Vota la poesia: Commenta Pubblicata il 22 ottobre 2005 Ancora un'alba sul mondo: altra luce, un giorno mai vissuto da nessuno, ancora qualcuno è nato: con occhi e mani e sorride. Vota la poesia: Commenta Pubblicata il 22 ottobre 2005 Siamo composti con brani di morti uguali a città rifatte da macerie di secoli. Allora al comune bivacco eravamo tutti disperati e volevamo morire per sentirci più vivi. Non questo certo era l'augurio! La nuova parola è stata uccisa Dal piombo sulle bocche squarciate. Una mediazione invocavano morendo tra l'avvenimento grande e la sorte di ognuno, l'avvento attendevano dell'uomo umile. Ma noi rimpiangemmo le vecchie catene come il popolo ambiva nel deserto l'ossequio al re per le sicure ghiande: non vogliamo il rischio di essere liberi, il peso di dover decidere da noi e l'amore di farci poveri. Da sotterra urlano i morti e per le strade vanno come nell'ora dell'agonia di Cristo. Per le strade vagano i fratelli senza casa, liberi d'ogni ragione d'essere morti. La notte è simile al giorno Il bene al male s'eguaglia, spoglio quale una pianura d'inverno. Vota la poesia: Commenta Pubblicata il 22 ottobre 2005 E non chiedere nulla Ora invece la terra si fa sempre più orrenda: il tempo è malato i fanciulli non giocano più le ragazze non hanno più occhi che splendono a sera. E anche gli amori non si cantano più, le speranze non hanno più voce, i morti doppiamente morti al freddo di queste liturgie: ognuno torna alla sua casa sempre più solo. Tempo è di tornare poveri per ritrovare il sapore del pane, per reggere alla luce del sole per varcare sereni la notte e cantare la sete della cerva. E la gente, l'umile gente abbia ancora chi l'ascolta, e trovino udienza le preghiere. E non chiedere nulla. Vota la poesia: Commenta Ultimi argomenti inseriti