Fin dall'infanzia mai son stato come gli altri; mai ho visto come gli altri vedevano; non potevo avere le mie emozioni da una comune sorgente; ma il dolore mai dalla stessa fonte. Il mio cuore non potevo destare alla gioia con lo stesso tono di altri; tutto quel che ho amato, l'ho amato da solo. Poi, nella mia infanzia, alba d'una vita assai tormentata, si delineò da ogni profondità di bene e male il mistero che ancora mi avvolge: da torrente o da fonte, dal rosso dirupo di montagna, dal sole che mi volgeva intorno nei suoi dorati colori autunnali, dalla luce che nel cielo s'avvicinava nel suo passarmi vicino, da tuono e tempesta dalla nuvola che prese l'aspetto (limpido era l'altro cielo) d'un demone a miei occhi.
In visioni di notturna tenebra spesso ho sognato svanite gioie - mentre un sogno, da sveglio, di vita e di luce m'ha lasciato col cuore implacato.
Ah, che cosa non è sogno in chiaro giorno per colui il cui sguardo si posa su quanto a lui è d'intorno con un raggio che, a ritroso, si volge al tempo che non è più?
Quel sogno beato - quel sogno beato, mentre il mondo intero m'era avverso, m'ha rallegrato come un raggio cortese che sa guidare un animo scontroso.
E benché quella luce in tempestose notti così tremolasse di lontano - che mai può aversi di più splendente e puro nella diurna stella del Vero?
Il giorno più felice Il giorno più felice - l'ora più felice questo mio inaridito cuore ha già conosciuto; ogni più alta speranza di trionfo e d'orgoglio sento ch'è fuggita via.
Trionfo? Oh sì, così fantasticavo; ma da gran tempo svanirono ormai le visione di quel mio giovanile tempo - e sia pur così.
E quanto a te, orgoglio, che dirti? Erediti pure un'altra fonte quel veleno che approntasti per me - Ora acquietati, o mio spirito.
Il giorno più felice - l'ora più felice - che quest'occhi avrebbero visto - hanno già visto, il rifulgente sguardo di trionfo e d'orgoglio sento che è spento ormai.
Ma mi fosse pur riofferta quella speranza di trionfo e d'orgoglio, e con la pena che allora avvertivo - quella fulgente ora io non vorrei riviverla:
giacché oscure scorie erano su quelle ali e, al loro agitarsi, una maligna essenza ne pioveva - fatale per un'anima che già l'ha conosciuta.
Al mattino, al meriggio, al fosco crepuscolo - tu hai udito il mio inno, Maria! In affanno e letizia - nel bene e nel male - tu, madre di Dio, ancora rimani con me! Quando più liete per me scorrevan le Ore, e non una nuvola oscurava il mio cielo, la tua grazia trepida guidava a te l'anima mia perché non si smarrisse; e ora che il Destino per me più addensa le sue tempeste e in me confonde presente e passato, fa' che almeno risplenda il futuro e per me irraggi dolce speranza di te!