Ti devo parole limpide che nascondo sotto il cuscino, ti devo un pensiero che nasce di sera, quando spunta quella prima stella nel mio solitario cielo, quasi ad indicare la strada per un sogno, quello rimasto incastrato sotto il muro di cemento che ho innalzato un giorno lontano per mostrare il mio ritiro, per dimenticare di essere in errore e senza soluzione. Ti devo più di un sorriso, una voce d'argento per un silenzio nero come la pece, ti devo una scatola con i bei ricordi, con gli appunti sulla vita che mi hai prestato, con il vento leggero che su di me hai portato. Ti devo frammenti della mia anima, quelli tra gli alberi ed il cielo, quelli tra le piume ed il fango sparsi sul mio sentiero. Ti devo dell'amicizia il canto che, involontariamente, ho reso muto.
Ho capito che bisogna stringere i denti per andare avanti, ho capito che se rimani dietro l'angolo ti assalgono i fantasmi. Ho capito che i nervi della vita sono troppo scoperti e che si deve stare attenti ai lupi nascosti anche dentro i propri tormenti. Ho capito che l'amore non fa sempre sognare ed è imperfetto fino a stare male. Ho capito di restare vuota dopo parole che ci vengono dette nel rumore di attese verso viaggi più luminosi, ho capito di tremare quando mi sei vicino e sento il cuore che non ha pace. Forse ho capito delle cose, forse non ho ancora capito niente, mi accorgo però che quest'umana ferita, che si apre a metà tra le righe di questo foglio, ha bisogno di silenziose grida per farmi restare ancora a bordo di questa esistenza, vissuta fra tracce d'amore, arcane storie, pianti di angeli, passioni ribelli e memorie lontane.
Poesie per dimenticare, poesie per ricordare, poesie per lenire la fame di esistere di chi è rinchiuso nella sua torre polare. Poesie per risvegliare, poesie per ritornare a casa, dopo mille parole dette inutilmente, dopo mille passi d'attesa sotto la pioggia di ogni stagione. Poesie per ingoiare meglio le lacrime, poesie per ritrovare un sogno perso nei buchi neri di un cielo di pietra, poesie per continuare a credere alle stelle di un cielo che, infinito, mi parlava di te.
Nasceranno ancora uomini che aspetteranno oracoli dietro i sigilli di un cielo muto, uomini presenti nell'assenza di luce, uomini imperfetti che perdono i confini. Nasceranno uomini per popolare terre in dissolvenza, per nutrire di sogni una realtà non finita. Nasceranno ancora uomini che detteranno leggi e uomini per ribellarsi a voce alta con le mani stanche; uomini che costruiranno templi e altri che faranno guerre. Nasceranno destini, invocazioni e poetiche chimere, nascerà l'amore che vivrà nella malinconia di un autunno e nel canto di primavere.
Il poeta della notte vive fra l'antica luce delle stelle, portando a spasso il suo sogno, che di giorno lascia a casa rinchiuso. Il poeta della notte scrive memorie e silenzi nelle parole, scrive l'amore stringendosi l'anima e ascoltando il suo dolore. Il poeta della notte si nasconde dietro il sipario della realtà, inseguendo solitario la sua verità.
Mi ubriaco per estirpare la piaga nell'anima, mi ubriaco nella notte per dimenticare la bellezza solenne delle stelle, che mi ricorda l'amore provato, ingoiato e dal petto strappato, con le sembianze di un lutto. Mi ubriaco di visioni apocalittiche nascoste nelle poesie e tra i fantasmi loquaci, mi ubriaco e resto impavida nella polvere del tempo solitario.
Rinasco nel primo tepore del vento, nel sogno di una terra mistica senza più angoli bui. Rinasco nel tuo sguardo che si avvicina al mio dolore, rinasco nella passione che ho per te e per i tuoi occhi sapienti, rinasco sulla tela dipinta, in una poesia d'amore scritta per consolare l'evanescenza dei tuoi baci, rinasco in una preghiera e in una finestra di cielo e bagliore, rinasco ancora tra la pioggia ed il giallo del sole, fra le parole che si perdono fra le silenziose lacrime, tra l'asfalto ed i passi di ansia, che arrivano stanchi e felici a casa tua.
Una parte di me vive nell'indefinito, in uno spazio in cui trasmigra l'anima per dimenticare il suo peso. Floridi sogni, figli di un mistico silenzio, chiedono di non trovare lacrime quando cadranno dal loro mutevole cielo, lasciandomi guardare ancora le stelle, mentre continua il mio respiro.
Scenografie di carta si reggono ai miei polsi stanchi, in cui fluisce un fuoco ancestrale, una passione che non vuole finire, un sogno d'amore che ritorna a farmi male. Scenografie di carta per disegnare altre strade ed il proprio reame, per non vedere il pianto del reale, per essere guardate prima di sapere.
Vedevo nei tuoi occhi l'amore ormai contaminato da un confine oltrepassato, inaridendo i fiori e le promesse che avevamo tra le mani strette all'anima, toccata dal ghiaccio di quello che è rimasto del nostro giardino segreto, dove ogni giorno nascevano nuove ali per candidi voli fra le tue braccia.