(voce) Pietre senza vita. Serpenti di sabbia. Tenui soffi di vento accarezzano il nulla.
(coro) Nuvole impossibili. Giganti vestiti di nero si levano alti nel cielo.
(uomo) Crollate, stelle: e seppellite i miei sogni. Parlate, tuoni: e confondete le menti.
(coro) Musica di lucciole, inganno. Freschezza d'amore, melma.
(voce) Gabbiani candidi danzano lenti sul mare.
(uomo) Ho perduto la strada: chi mi verrà in aiuto?
(coro) Destino di sofferenza; lunghissima corsa verso l'ignoto.
(voce) Angeli inflessibili inventano mostri di marmo sul duro cammino. Sui monti, lontano, s'accendono pallidi canti.
(uomo) Fantasmi invisibili mi scrutano attenti. Patetici abbracci mi cercano invano. E cammino. E piango.
(coro) Felicità troppo facile, hai mostrato alla luna il tuo volto di fango.
(uomo) Veloce verso l'ignoto s'affanna l'anima mia. Chi sorriderà alla mente le tanto attese parole? Chi mi darà occhi per vedere, profondità di sonno per comprendere, mani per levare al cielo il mio inno di gioia, animo per patire con forza le mie pene? Chi scioglierà pietoso le pesanti catene?
(coro) Fiore profumato, terra vivente. Profumo di stelle, mistero vivente.
(voce) Su teneri agnelli si leva orgogliosa la mano che lava le colpe del mondo. Morbidi anelli di fumo avvolgono il cervo morente.
(uomo) Luce. Datemi luce, e limpida acqua di fonte.
(coro) Armonia delle cose, maschera della verità. Ordine eterno, equilibrio di forze. Debole divinità, tormentose alleanze.
(uomo) Tremenda pace, hai dissolto con te le mie speranze. Le porte del tempo si sono richiuse dietro i miei passi. Volevo scoprire i segreti del sole, e ho trovato il tormento che brucia feroce nel ruvido cuore dei sassi.
Io sono il fotografo del terzo mondo. Raccolgo il pianto, la fame e la morte in artistici libri di carta lucida. Costosi e impegnati regali di Natale per voi che, come me, non potete far nulla per questa infamia, se non commuovervi di compassione grave, criticare i governi e denunziare agli altri le ingiustizie del mondo. Ma sono imparziale. Quando il vento del Sud vi travolgerà tutti ci sarò ancora, per fotografare voi.
Venerando nell'aspetto, solenne nelle movenze, insigne umanista, storico, filosofo, dal pulpito marmoreo il prete arringava i fedeli. La voce suadente marciava maestosa tra le navate barocche, modulandosi in toni or gravi, or carezzevoli, or dignitosi; e arricchendosi di cenni or lievi, or amichevoli, or vigorosi. Un esercito ordinato di cenni e di parole difendeva, a passo di danza, il pulpito e il prete dalla narcotizzata, confusa moltitudine di povera gente.
Anfitrione splendido che mi accompagni, ed avvolgi invisibile tra le vesti purpuree il cammino e le ansie, i sogni e le speranze mie, dimmi: può l'ultimo epigono della civiltà madre sfondare le barriere del tempo e ricongiungersi alfine ai suoi agognati destini? Può l'immortale immagine dimettere la sua divinità evolvendosi in carne terrena e poi sognare di riveder le ceneri risorgere, e rischiarar le tenebre del suo temuto futuro? Rispondi: possono il tempo, e lo spazio infinito pieno di mondi, e l'anima, e la mente, e le cose distinte riconquistare alfine la coscienza perduta, e amarsi, e abbandonar le false sembianze, e divenire Dio? Parli la tua presenza dentro di me, e mi accompagni, e contempli benevolo il cammino e le ansie, i sogni e le speranze; ma sempre taci, e ti nascondi all'occhio mio.
Questa notte io canto per te, segreto antico della Terra che vive. Respiro caldo delle sere d'estate. Brivido dolce che dai luce e sorriso alle stelle. Alzami al cielo, e lascia che io goda della gioia e del dolore, del sole che mi scalda e del ghiaccio che mi gela, del velluto di una carezza e del singhiozzo di una ferita. Gabbiano nella luce del sole. Delfino nell'azzurro del mare. Amore, prendimi per mano e conducimi a Dio. Tu che mi doni la vita, fammi gli occhi raggianti del mio immenso destino. Verso lo spirito, anche attraverso i sassi. Verso orizzonti tersi, anche attraverso la nebbia. Verso la luce, anche attraverso il buio. Verso la gioia, anche attraverso il dolore. Ma se la gioia di cui son capace non è la più grande, la più pura, la più vera, l'l'unica gioia che esista al mondo, dammi il dolore. Perché questa notte io sogno di te, mistero profondo della Terra che ama. Sapienza eterna che ti sveli in silenzio. Candido Padre che mi batti potente nel cuore.
Rondine libera che nell'azzurro fresco ti libri morbida come una nuvola senza posarti, vorrei salire nel cielo, e volarti vicino; ma l'uomo è come il delfino: s'innalza, vorrebbe volare; poi guarda le stelle un attimo solo, e ricade nel mare.
Sulle sabbie d'Egitto passate a setaccio dal sole e dal tempo ho visto un cammello impazzito sedersi in silenzio, e giocare a scopone con l'astro nascente; poi ridere, alzarsi, e correre rapido tra i muti macigni corrosi dai secoli, e cantare a distesa: "tapùm, tatapùm, tatapù, io gioco a scopone col sole, tu guardi pensoso le sfingi e le mummie, laggiù; tapùm, tatapùm, tatapù, io corro e mi godo la vita: il nome orgoglioso di uomo, e il cervello, li hai tu".
Terra madre, quando rientrerò nel tuo grembo porterò con me questo volto radioso, questa voce profonda per sorridere il blues del mio ritorno, per scandire il ritmo della mia ferma speranza in un destino di luce. Tutti coloro che mi avranno amato dovranno allora ridere in faccia alla morte e al pianto; perché non morirò, ma volerò lontano, e libero come il vento andrò a cantare nel cuore delle mille fanciulle che ho amato. Terra bambina, quando rientrerò nel tuo seno porterò con me un arcobaleno di suoni, un incendio d'amore per riscaldarti.