farfalle su gigli che fanno l'amore corpi di muschio grazia nel vento rime di perle nel fondo anime bianche come latte aureole diamantate ingannate ma adorate Crudele il suo destino nel vento ad imbrunire i palpiti di vita Rima su rima la pelle diventa ruga la mano diventa ragno ma l'incanto non si nega Acqua che disseta l'arsa gola del poeta ansia eterna senza pace sorrisi che salvano i dolori La vita non affanna se i canti appagano le spoglie La tua abbagliante forza acquieta il cuore mio che non teme morte non teme te se m'abbandoni ma teme il tuo abbandono.
Che un respiro a fil di bocca bastasse ad eccitarmi e con le dita cercare le tue dita e sentire il canto della pelle fino in fondo fino al sangue che corre come un treno In un attimo, nuda, perdevi i lembi del pudore Venere di cera ti scioglievi come bruma al sole La sottana presa dai capezzoli fermava la discesa che il ruvido velluto della lingua aveva eretto Aderendo i corpi s'infangavano di sudore senza scrupoli le unghie penetravano la pelle scivolosa sul letto s'inchiodava Profanarti era un castigo reso irrefrenabile dalla voglia di trafiggerti che bucava come un tarlo l'istinto spingeva avanti senza ritegno L'orgasmo pioveva nel ventre che incassava colava bollente a riposar la danza tra l'inguine teso e un respiro a fior di pelle i sensi incenerivano l'ardente brace L'ultimo bacio chiudeva le mille bocche lambite come vini dall'aspro odor dei tini resta il miele ad incollare l'impetuosa voglia Rivestivo i tuoi nudi e virginei sguardi che s'intimidivano pungendo fitto il cuore Onde di capelli si dipanavano a matassa nell'intimo tormento il fiato diventava ardesia la tua mansueta purezza smarriva l'universo di quella notte che in un attimo fu già domani.
Avrai un cuore purosangue e milioni di mappe per i tuoi cammini unico viaggio eterno della vita Danzerai nel buio come fosse luce ritrovandoci dentro la forza di tuo padre Rivolterai le zolle dell'intimo tuo terreno e renderai fertile tutti i tuoi dolori Cadrai mille volte nella merda e ancor più forte t'alzerai potrai vedere il paradiso se quella merda non ti avrà deriso Mangerai polvere e parole, guarderai negli occhi chi ti fugge dal tuo invisibile coraggio Ti pulirai il viso da milioni di sputi di uomini fottuti e poi svenduti Berrai acqua sporca d'ipocrisia d'un mondo falso dove non esiste lacrima che non sia dolore per se stessi Chiederai la resa al mondo infame dove il pane è sangue di letame Irradierai luce ai poveri d'amore impareranno a sfamarsi anche di silenzi Un sorriso un diamante da mostrare e non un dolore da ammaestrare Colleziona sogni come perle d'un rosario da colarti sulla pelle quando hai freddo e il mare minaccia di affondarti infinito o piccolo, il mondo è nelle tue mani la tua anima sia sempre una giostra e che la tua follia ne sia la ruota.
Potessero i miei baci come cera colarti in bocca il miele che ho nel cuore Aprirti l'anima con un'onda di respiro e dissolvere l'aspro odor delle paure Ammatassarti i capelli in un mantice di raso e dell'amaro farne un debole ricordo da consumare sul braciere fino a cenere Potessero i miei pennelli dipingerti come affresco alle mie pareti interne e passare ore ad ammirarti Liberarti come rondine in cerca di primavera Potessi annodarmi alla tua pelle come alla barca un'ancora e remare e stremare impazzito del tuo profumo Bella e folle amante hai rapito mente e incanto Pungerti lo spirito e berti come acqua di deserto Cieca è la follia che si mangia l'amore e la ragione Ammansire quelle fredde notti disperate quando il cercarmi diventa pane per sfamarti Resisterti è dolore, come droga devo averti e consumarti.
Distesa come la duna di un deserto su lenzuola immacolate come il latte Dagli abissi del tuo corpo acerbo carne da ardere per queste mie mani Ti ammiravo nel silenzio che pungeva come cicche di sigarette smorzavo ogni respiro mi bagnavo le labbra con la vista non potevo resisterti, non volevo Avrei profanato ogni cancello per aprire la tua porta, quella porta Una madonna distesa su pampini di glicini dalla finestra sentivo odor di pelle nuda inebriata di calore scivolava sulla seta Maledetto il mio destino che mi fa sentir bambino un giglio troppo giovane mi ha preso l'anima Mi pungo il cuore per non sentir dolore briciole di sale mi bruciano le ciglia e spengo il fuoco che arde nel braciere riempio l'attesa come cera sulle mani tu batti gli occhi nel silenzio e taci.
Strapperei dal cielo a grappoli le stelle spremere gli acini per berne la vita per capire il vero se ancora c'è Con la trama della sua luce ricamerei una soffice coperta per questa fredda umile Terra rovesciata, dissodata e poco amata Smielerei le api dagli etruschi orci addolcendo le menti amare dei folli arrivando a rivoltare le pelli dei cammelli Spaccherei le noci sui bianchi sagrati mettendo a nudo le anime dalle carni Solcherei le rughe degli stupidi poeti per capire se i pazzi sono loro o chi Affonderei le navi di questa nuova era per lasciare almeno un solo uomo libero di correre nei prati di bianche margherite Lascerei per me una pietosa sedia per non calpestar le umane lacrime che come rugiada fresca ogni mattina sempre e sempre cadranno ... se io fossi Dio.
Tempo non ce n'è per temperare al calar di bruma le radici affrante Vorrei di questo mondo una matassa e a punto croce rimagliare una ad una le anime ricamare Sorreggerò le carcasse del passato nelle reti riemerse dai fondali dall'aspro odor del tempo perso Ogni scossa ogni tormento lo mangerò come fosse pane lascerò gli affanni con le ossa agli avvoltoi figli della fame È breve il tempo del puparo ti lascia al buio nelle angosce dove solo il freddo ti riconosce Miete anime il canto del silenzio sciorinando attende le sue vittime sul sagrato immacolato del paradiso Il mattino rattrista l'alba che scolora mentre il grano con pazienza attende il sole.
Dal deserto delle passioni giungono stanche anelanti lacrime Si perdono confuse arrivando ai seni mani ruvide ansimanti cercano un destino avido. Arrivando là nel nettare sublime dove offuscati sensi affamati aspettano quelle mani assaporando il miele nell'attesa l'agonia.