Le migliori poesie di Nazim Hikmet

Poeta, drammaturgo e scrittore, nato mercoledì 20 novembre 1901 a Salonicco (Grecia), morto lunedì 3 giugno 1963 a Mosca (Federazione Russa)
Questo autore lo trovi anche in Frasi & Aforismi.

Scritta da: Valeria S

Anima mia

Anima mia
chiudi gli occhi
piano piano
e come s'affonda nell'acqua
immergiti nel sonno
nuda e vestita di bianco
il più bello dei sogni
ti accoglierà.
Anima mia
chiudi gli occhi
piano piano
abbandonati come nell'arco delle mie braccia
nel tuo sonno non dimenticarmi
chiudi gli occhi pian piano
i tuoi occhi marroni
dove brucia una fiamma verde
anima mia.
Nazim Hikmet
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    Scritta da: Valeria S

    Il mio funerale

    Il mio funerale partirà dal nostro cortile?
    Come mi farete scendere giù dal terzo piano?
    La bara nell'ascensore non c'entra
    e la scala è tanto stretta.

    Il cortile sarà, forse, pieno di sole, di piccioni
    forse nevicherà, i bambini giocheranno strillando
    forse sull'asfalto bagnato cadrà la pioggia
    e al solito ci saranno i bidoni per l'immondezza.

    Se mi tiran su nel furgone col viso scoperto, come usa qui,
    forse mi cadrà in fronte qualcosa di un piccione, porta fortuna,
    che ci sia o no la fanfara, i bambini accorreranno
    i bambini sono sempre curiosi dei morti.

    La finestra della nostra cucina mi seguirà con lo sguardo
    il nostro balcone mi accompagnerà col bucato steso.
    Sono stato felice in questo cortile, pienamente felice.
    Vicini miei del cortile, vi auguro lunga vita, a tutti.
    Nazim Hikmet
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      Scritta da: Elisa Iacobellis

      Ti amo come se mangiassi il pane

      Ti amo come se mangiassi il pane
      spruzzandolo di sale
      come se alzandomi la notte bruciante di febbre
      bevessi l'acqua con le labbra sul rubinetto
      ti amo come guardo il pesante sacco della posta
      non so che cosa contenga e da chi pieno di gioia
      pieno di sospetto agitato
      ti amo come se sorvolassi il mare per la prima volta in aereo
      ti amo come qualche cosa che si muove in me quando il
      crepuscolo scende su Istanbul poco a poco
      ti amo come se dicessi Dio sia lodato son vivo.
      Nazim Hikmet
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Anche questa mattina mi sono svegliato

        Anche questa mattina mi sono svegliato
        e il muro la coperta i vetri la plastica il legno
        si sono buttati addosso a me alla rinfusa
        e la luce d'argento annerito della lampada

        mi si è buttato addosso anche un biglietto di tram
        e il giallo della parete e tre righe di scritto
        e la camera d'albergo e questo paese nemico
        e la metà del sogno caduta da questo lato s'è spenta

        mi si è buttata addosso la fronte bianca del tempo
        e i ricordi più vecchi e la tua assenza nel letto
        e la nostra separazione e quello che siamo

        mi sono svegliato anche questa mattina
        e ti amo.
        Nazim Hikmet
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          Le sedie dormono in piedi

          Le sedie dormono in piedi
          anche il tavolo
          il tappeto sdraiato sul dorso
          ha chiuso gli arabeschi
          lo specchio dorme
          gli occhi delle finestre sono chiusi
          il balcone dorme
          con le gambe penzolanti nel vuoto
          i camini sul tetto dirimpetto dormono
          sui marciapiedi dormono le acacie
          la nuvola dorme
          stringendosi al petto una stella
          in casa fuori di casa dorme la luce

          ma tu ti sei svegliata
          mia rosa
          le sedie si sono svegliate
          si precipitano da un angolo all'altro anche il tavolo
          il tappeto si è messo a sedere
          gli arabeschi hanno aperto i petali
          lo specchio si è risvegliato come un lago all'aurora
          le finestre hanno spalancato
          immensi occhi azzurri
          il balcone si è risvegliato
          ha tirato su dal vuoto le gambe
          i camini dirimpetto si son messi a fumare
          le acacie han cominciato a chiacchierare
          sui marciapiedi
          la nuvola si è svegliata
          ha lanciato la sua stella nella nostra stanza
          in casa fuori di casa la luce si è risvegliata
          si è versata sui tuoi capelli
          è colata tra le tue palme
          ha cinto la tua vita nuda i tuoi piedi bianchi.
          Nazim Hikmet
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            Rubai

            È l'alba. S'illumina il mondo
            come l'acqua che lascia cadere sul fondo
            le sue impurità. E sei tu, all'improvviso
            tu, mio amore, nel chiarore infinito
            di fronte a me.

            Giorno d'inverno, senza macchia, trasparente
            come vetro. Addentare la polpa candida e sana
            d'un frutto. Amarti, mia rosa, somiglia
            all'aspirare l'aria in un bosco di pini.

            Chi sa, forse non ci ameremmo tanto
            se le nostre anime non si vedessero da lontano
            non saremmo così vicini, chi sa,
            se la sorte non ci avesse divisi.

            È così, mio usignolo, tra te e me
            c'è solo una differenza di grado:
            tu hai le ali e non puoi volare
            io ho le mani e non posso pensare.

            Finito, dirà un giorno madre Natura
            finito di ridere e di piangere
            e sarà ancora la vita immensa
            che non vede non parla non pensa.
            Nazim Hikmet
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              Lettere dal carcere a Munevver

              Che sta facendo adesso
              adesso, in questo momento?
              È a casa? Per la strada?
              Al lavoro? In piedi? Sdraiata?
              Forse sta alzando il braccio?
              Amor mio
              come appare in quel movimento
              il polso bianco e rotondo!
              Che sta facendo adesso
              adesso, in questo momento?
              Un gattino sulle ginocchia
              Lei lo accarezza.
              O forse sta camminando
              ecco il piede che avanza.
              Oh i tuoi piedi che mi son cari
              che mi camminano sull'anima
              che illuminano i miei giorni bui!
              A che pensa?
              A me? O forse... chi sa
              ai fagioli che non si cuociono.
              O forse si domanda
              perché tanti sono infelici
              sulla terra.
              Che sta facendo adesso
              adesso, in questo momento?
              Nazim Hikmet
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                Scritta da: Silvana Stremiz

                Notturno in tram a Berlino

                La vecchiaia la solitudine e io e poi una malinconia tutti
                e quattro camminiamo fianco a fianco senza parlarci

                ciascuno cammina solo ma siamo l'uno a fianco dell'altro

                che cosa non avremmo dato gli uni e gli altri per non sentire
                il rumore dei passi gli uni degli altri

                dentro di noi abbiamo pietà imprechiamo gli uni contro
                gli altri ma ci amiamo perché non crediamo gli uni negli altri

                che cosa non avremmo dato per arrivare a un incrocio e infilare presto
                quattro strade diverse ma non so se uno di noi morisse se quelli che restano sarebbero contenti

                la vecchiaia la solitudine e io e poi una malinconia tutti e
                quattro camminiamo fianco a fianco

                la notte prendiamo il tram i tram che non sappiamo dove vadano

                la notte i tram puliti larghi a tre vagoni ci portano in
                qualche luogo con stridori sferragliamenti

                a un tratto si levano davanti a noi dei muri bruciati e sotto
                il riverbero dei lampioni marciano diritti e testardi verso di noi

                delle finestre appaiono davanti a noi e vengono in folla verso
                di noi schiaciandosi l'una con l'altra

                finestre che non hanno nè vetri nè infissi che non sono finestre
                delle stanze degli uomini ma finestre del vuoto

                passiamo davanti alle porte senza battenti le porte che aprono su nulla

                sui marciapiedi degli uomini con tre punti sopra il bracciale aspettano il tram

                sono appoggiati sui loro bastoni dalle punte di gomma

                non so se tutti i muti sono anche dei sordi ma certo la maggior parte dei ciechi sono dei ciechi con gli occhi aperti e le luci dei tram cadono nei loro occhi aperti ma loro non si rendono conto che la luce cade nei loro occhi

                vecchie bigliettaie stanche fanno salire i ciechi sui tram

                donne che mi avete guidato teneramente tenendomi per mano

                a quasi tutte voi non ho dato che qualche poesia e forse un po' di tristezza

                sono grato a voi tutte

                traversiamo le tenebre degli spiazzi vuoti dove crescono i ciuffi d'erbacce

                i tram traversano le piazze i cui palazzi barocchi sono distrutti

                e le pietre bruciate spezzate si somigliano talmente che la testa
                ci gira e giriamo in tondo

                questa città è tutta bucata perché ha mandato i suoi soldati a distruggere altre città

                ho visto città rase al suolo avevano mandato i loro soldati a distruggere altre città e i soldati delle altre città le avevano rase al suolo

                ho visto città che preparavano i loro soldati per mandarli
                a distruggere altre città ed essere distrutte esse stesse

                dei violinisti salgono in tram con le scatole dei violini sotto
                il braccio e i loro lunghi capelli tristi non riescono a
                nascondere la loro calvizie

                questo agosto è forse l'ultimo agosto del mondo ha chiesto uno dei violinisti alla bigliettaia in una lingua che non conosco
                sulle piattaforme dei tram ci sono dei giovani in collera

                credo ch'essi stessi non sappiano perché e contro chi sono in collera

                che ora sarà adesso all'Avana amore mio sarà notte o giorno

                le ragazze scendono dai tram

                le loro gambe sono abbastanza ben fatte

                senza fare un gesto seduto dove sono le seguo e sotto il ponte
                di pietra sento vicinissimo al mio viso il calore delle loro bocche e volto la testa a una giovane donna che mi tocca la spalla senza ch'io sappia dov'è

                i suoi capelli son paglia d'oro le sue ciglia azzurre

                il suo collo bianco è lungo e rotondo

                alle fermate vecchie donne terribili con cappelli di
                paglia nera traversano le rotaie tenendosi per mano

                l'uomo seduto alla mia destra s'è inabissato dentro se stesso
                s'è perduto dentro se stesso

                è così lo so è così che la vecchiaia comincia

                tuttavia non è in mio potere non cadere nelle onde tristi

                così comincia la vecchiaia

                l'uomo seduto alla mia destra è caduto ancora nelle onde tristi

                alla porta del deposito siamo scesi dall'ultimo tram

                rientriamo a piedi

                tutti e quattro

                la vecchiaia la solitudine e io e poi una malinconia

                quando arriviamo all'albergo il sole comincia a spuntare

                nella nostra stanza apriamo la radio

                parla dei vascelli cosmici.
                Nazim Hikmet
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                  Scritta da: Silvana Stremiz

                  Arrivederci fratello mare

                  Ed ecco ce ne andiamo come siamo venuti
                  arrivederci fratello mare
                  mi porto un po' della tua ghiaia
                  un po' del tuo sale azzurro
                  un po' della tua infinità
                  e un pochino della tua luce
                  e della tua infelicità.
                  Ci hai saputo dir molte cose
                  sul tuo destino di mare
                  eccoci con un po' più di speranza
                  eccoci con un po' più di saggezza
                  e ce ne andiamo come siamo venuti
                  arrivederci fratello mare.
                  Nazim Hikmet
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                    Scritta da: Silvana Stremiz
                    Durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me
                    non dico che fosse come la mia ombra
                    mi stava accanto anche nel buio
                    non dico che fosse come le mie mani e i miei piedi
                    quando si dorme si perdono le mani e i piedi
                    io non perdevo la nostalgia nemmeno durante il sonno

                    durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me
                    non dico che fosse fame o sete o desiderio
                    del fresco nell'afa o del caldo nel gelo
                    era qualcosa che non può giungere a sazietà
                    non era gioia o tristezza non era legata
                    alle città alle nuvole alle canzoni ai ricordi
                    era in me e fuori di me.

                    Durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me
                    e del viaggio non mi resta nulla se non quella nostalgia.
                    Nazim Hikmet
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