Ti svegli. Dove sei? A casa. Non hai potuto ancora abituarti: al tuo risveglio trovarti a casa. Ecco quel che ti lasciano tredici anni di carcere.
Chi c'è nel letto, accanto a te? Non è la solitudine, è tua moglie. Dorme coi pugni chiusi, come un angelo. Le dona, essere incinta. Che ore sono? Le otto. Possiamo dunque star tranquilli fino a sera. È l'uso, la polizia non fa irruzione in pieno giorno.
Ragazzo mio, io non ho paura di morire. Tuttavia, ogni tanto mentre lavoro nella solitudine della notte, ho un sussulto nel cuore, saziarsi della vita vita, figlio mio, è impossibile. Non vivere su questa terra come un inquilino, o come un villeggiante stagionale. Ricorda: in questo mondo devi vivere saldo, vivere come nella casa paterna. Credi al grano, alla terra, al mare ma prima di tutto all'uomo. Ama la nuvola, il libro la macchina, ma prima di tutto l'uomo. Senti infondo al tuo cuore il dolore del ramo che secca, della stella che si spegne, della bestia ferita, ma prima di tutto il dolore dell'uomo. Godi di tutti i beni terrestri, del sole, della pioggia e della neve, dell'inverno e dell'estate, del buio e della luce, ma prima di tutto godi dell'uomo.
Le sei del mattino. Ho aperto la porta del giorno ci sono entrato ho assaporato l'azzurro nuovo nelle finestre le rughe della mia fronte di ieri sono rimaste sullo specchio
sulla mia nuca una voce di donna tenera peluria di pesca e le notizie del mio paese alla radio
vorrei correre d'albero in albero nel frutteto delle ore
verrà il tramonto, mia rosa e al di là della notte mi aspetterà spero il sapore di un nuovo azzurro.
"Addormentarsi adesso svegliarsi tra cento anni, amor mio..."
"No, non sono un disertore. Del resto, il mio secolo non mi fa paura il mio secolo pieno di miserie e di scandali il mio secolo coraggioso grande ed eroico. Non ho mai rimpianto d'esser venuto al mondo troppo presto sono del ventesimo secolo e ne son fiero. Mi basta esser là dove sono, tra i nostri, e battermi per un mondo nuovo..." "Tra cento anni, amor mio..." "No, prima e malgrado tutto. Il mio secolo che muore e rinasce il mio secolo i cui ultimi giorni saranno belli la mia terribile notte lacerata dai gridi dell'alba il mio secolo splenderà di sole, amor mio come i tuoi occhi..."
Sotto la pioggia camminava la primavera con i suoi piedi esili e lunghi sull'asfalto di Mosca chiusa tra gli pneumatici i motori le stoffe le pelli il mio cardiogramma era pessimo quel giorno quel che si attende verrà in un'ora inattesa verrà tutto da solo senza condurre con sè coloro che già partirono suonavano il primo concerto di Ciajkowskj sotto la pioggia salirai le scale senza di me un garofano sta all'ultimo piano della casa al balcone sotto la pioggia camminava la primavera con i suoi piedi esili e lunghi sull'asfalto di Mosca ti sei seduta di fronte a me non mi vedi sorridi a una tristezza che fuma lontano la primavera ti porta via da me ti conduce altrove e un giorno non tornerai più ti perderai nella pioggia.
Il vento cala e se ne va lo stesso vento non agita due volte lo stesso ramo di ciliegio gli uccelli cantano nell'albero ali che voglion volare la porta è chiusa bisogna forzarla bisogna vederti, amor mio, sia bella come te, la vita sia amica e amata come te
so che ancora non è finito il banchetto della miseria ma finirà...
I giorni son sempre più brevi le piogge cominceranno. La mia porta, spalancata, ti ha atteso. Perché hai tardato tanto?
Sul mio tavolo, dei peperoni verdi, del sale, del pane. Il vino che avevo conservato nella brocca l'ho bevuto a metà, da solo, aspettando. Perché hai tardato tanto?
Ma ecco sui rami, maturi, profondi dei frutti carichi di miele. Stavano per cadere senz'essere colti se tu avessi tardato ancora un poco.
Apriamo le porte chiudiamo le porte passiamo le porte e alla mèta dell'unico viaggio né città né porto. Il treno deraglia la nave naufraga l'aereo s'abbatte un biglietto è stampato sul ghiaccio. Se potessi ricominciare o no questo viaggio ricomincerei.